Affluenza leggermente in calo rispetto a cinque anni fa e centrosinistra che vagheggia la sorpresa in Sardegna. Niente exit pool e scrutinio che comincia oggi alle 7 per il voto regionale nell’isola. Nessuna certezza. Più ancora della partecipazione, però, sono i telefoni che non rispondono degli esponenti del centrodestra a dar adito al sospetto che la maggioranza stia rischiando di incorrere nella prima, vera impasse in 18 mesi di governo. Perlomeno la preoccupazione è concreta.
Date le attenzioni politiche che si sono appuntate sulle elezioni regionali sarde, un buon livello di affluenza era comunque scontato. Rispetto al 2019 il calo è stato leggerissimo, solo una limatura, e la partecipazione si può considerare comunque sostanzialmente in linea con il passato. Alle 22 di ieri sera risultava aver votato il 52,4 per cento degli aventi diritto al voto, contro il 53,7 di cinque anni fa. Il computo esatto è stato disponibile solo a tardissima sera per la mancanza del dato definitivo dell’affluenza di un paio di comuni.
Meno scontata invece la possibilità che la candidata di Pd e 5 Stelle, l’ex sottosegretaria pentastellata dei governi Conte e Draghi Alessandra Todde, fosse davvero in grado di contendere la regione al centrodestra. E tuttavia al Nazareno si respira aria di ottimismo. "Speriamo. Sarebbe un bellissimo e primo segnale dopo tanto tempo di sconfitte nelle Regioni e sarebbe una prima crepa che eventualmente si apre nel centrodestra – commenta il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini –. Già il fatto che si possa contendere vuol dire che il vento sta cambiando".
La partita per la maggioranza si è del resto complicata sin dall’inizio, col braccio di ferro tra la Lega e Fratelli d’Italia, che l’ha spuntata col sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. Un braccio di ferro romano con pessimi riflessi sull’elettorato variamente autonomista sardo determinante nel voto isolano. Giorgia Meloni ha voluto fortemente un fedelissimo della prim’ora di Fratelli d’Italia, come il sindaco Truzzu. Che però, lamentano dal Carroccio, "è un pessimo candidato, che da primo cittadino è terz’ultimo nella graduatoria italiana di gradimento".
Il ruolo determinante tocca probabilmente a Renato Soru, l’ex patron di Tiscali e governatore che si è a sua volta candidato in polemica contro le decisioni imposte da Roma da Pd e 5 Stelle con un fronte che va da Azione a Rifondazione. E su di lui potrebbero aver dirottato una parte dei voti autonomisti e moderati del centrodestra insoddisfatti della candidatura di Truzzu. Lo spoglio dirà se, invece di sottrarre voti, Soru risulterà il jolly per il centrosinistra.
Meloni ha un risultato solo a disposizione: la vittoria. Tantopiù dopo aver imposto il candidato. Una vittoria di Todde, invece, darebbe una pessima accoglienza alla premier di ritorno dal primo G7 a Kiev. Oltre a un’inattesa fortuna per l’asse Schlein-Conte, darebbe il destro alla Lega per rilanciare con maggior vigore la questione del terzo mandato per i governatori e soprattutto del proprio ruolo determinante nella maggioranza.