Lunedì 29 Aprile 2024

Gioco al rialzo

Alla fine di una giornata difficile, quando un sistema ormai desolantemente irriformabile aveva fatto in tempo a produrre gli anticorpi della conservazione e spargere la polvere dei sospetti e degli intrighi sulle timide speranze di un accordo che si erano diffuse in mattinata, Renzi decide di fare Renzi e, ancora una volta, come al suo solito, giocare al rialzo. Il carico da undici calato dal premer nei confronti di Sel, ossia la promessa di rompere le alleanze locali, è una di quelle armi che i politici si sono sempre riservati per la soluzione finale, di ultima istanza, e in qualche modo sorprende che sia stata tirata fuori con tanta perentorietà quasi all’inizio di una battaglia parlamentare che ha preso il via in Aula, ricordiamolo, solo lunedì scorso. Evidentemente Renzi teme che il gioco possa sfuggirgli di mano, e che di rinvio in rinvio, di concessione in concessione, l’obiettivo della riforma costituzionale sul quale il premier ha posto una sorta di questione di fiducia, finisca per svanire e magari rimettere in discussione l’asse con Forza Italia. La minaccia a Sel è pesante, e non si tratta di abbai alla luna: in autunno si vota in Emilia-Romagna e in Calabria, e sempre in autunno si inizieranno a celebrare o impostare le primarie di coalizione per le regionali della primavera prossima. In molte realtà il Pd è determinante per Sel, ma anche Sel per il Pd, e una rottura eccessivamente traumatica sarebbe dannosa a entrambi. Ma Renzi sa di giocarsi molto sulla riforma costituzionale, anche perché in un clima di vacche magre per l’economia, quella del Senato rischia di essere una delle poche riforme a costo zero e quindi tira diritto. Ma non è solo a Sel che il premier ha inteso mostrare i muscoli. Lo ha fatto per esempio verso il suo partito, ieri stranamente più malleabile ma certo non del tutto fidato, e non ultimo anche verso il presidente Grasso. Ai più Grasso è apparso obiettivamente incerto, ma non si può pretendere la scaltrezza dell’esperto navigatore di regolamenti da uno che fino a un anno fa in Senato non ci aveva mai messo piede. Ci ha pensato ieri con un intervento in aula Pier Ferdinando Casini, con la soavità di eloquenza dei vecchi democristiani, a ricordare a Grasso come si fa il presidente di un’aula parlamentare. E quando Casini ha finito di parlare Grasso era scurissimo in volto.