Lunedì 29 Aprile 2024

Nichi Vendola: "Ripartire da Berlinguer. La questione morale non è antiquariato"

L’ex governatore della Puglia: il campo largo non può essere solo una somma di sigle. "Conte-Schlein? Spero che le polemiche di giornata si sciolgano come neve al sole"

Nichi Vendola e il Sindaco di Bari Antonio Decaro (Ansa)

Nichi Vendola e il Sindaco di Bari Antonio Decaro (Ansa)

Roma, 8 aprile 2024 – Il caso Puglia, il caso Torino, il diktat di Giuseppe Conte al Pd sui cacicchi e i capibastone: la questione morale sta lacerando l’ormai ex campo largo. Che fare, per dirla con Lenin? "Occorre una bonifica seria, una riflessione strutturale della pervasività del malaffare nei territori della politica, di tutta la politica", esordisce e avvisa Nichi Vendola, presidente di Sinistra italiana, carismatico ex governatore pugliese.

E dunque?

"E dunque collocare la “questione morale” di Enrico Berlinguer tra gli oggetti di antiquariato è stata una colpa imperdonabile".

Con la conseguenza che siamo alla fine del cosiddetto campo largo?

"Penso ciò che ho sempre detto: non basta una semplice addizione di sigle e di simboli a fare una alleanza, non basta un cartello elettorale. Occorre costruire insieme il cantiere del programma, mettendo a valore le storie, le esperienze, le lotte, le diverse culture che, ciascuna a modo suo, parlano di giustizia sociale e giustizia ambientale, di diritti e libertà, di pace e disarmo. Per fare il “campo largo” ci vuole un’invasione di campo: più protagonisti sociali e meno tatticismi, più ribellione dei giovani, più radicalità contro un modello economico che ha incubato la catastrofe climatica e la guerra globale".

Conte e Schlein, del resto, si stanno scambiando accuse al vetriolo: come e perché si è arrivati a questo punto?

"Ci sono le polemiche di giornata: speriamo si sciolgano come neve al sole. Occorre pazienza e saggezza, per ritrovare il filo rosso del dialogo e del rispetto reciproco. Tuttavia, queste schermaglie sono rivelatrici della fragilità del nostro progetto comune: urge più confronto nel merito dei problemi, più condivisione e comunanza nei percorsi di lotta politica e sociale. Dobbiamo comunicare un’idea di futuro in un mondo che appare in veloce regresso verso il peggiore passato, dobbiamo dare respiro e sentimento popolare a un progetto di alternativa alle destre".

È immaginabile una ripresa del filo del dialogo a Bari e più complessivamente nel Paese? A quali condizioni e con quali candidati?

"Si può sempre imparare dagli errori, si può cercare di trasformare una crisi in un momento di crescita. A Bari, ma non solo, bisogna ripartire da due parole: verità e unità. La verità ci dice che un ventennio magnifico di crescita e innovazione che abbiamo chiamato “primavera pugliese” è stato macchiato e ammaccato da quelle pratiche di trasformismo che spesso aprono le porte all’intrusione mafiosa. L’unità ce la chiede non solo il nostro popolo, ma anche tanti cittadini che in questi anni hanno ritrovato l’orgoglio di dirsi baresi e pugliesi. Queste due parole sono la soluzione del problema che abbiamo a Bari".

Ma che cosa è successo per arrivare a questo punto nella sua regione e, forse, anche a Torino?

"È successo che sotto le insegne di un civismo di facciata si è legittimato il transito da destra al centrosinistra di un ceto di tessitori di clientele, di faccendieri, di ras delle preferenze rastrellate nei mercatini mafiosi del voto di scambio. Ed è successo che la transumanza di interi apparati di sottopotere da una parte all’altra venisse presentata come una cosa fisiologica: basta dire che destra e sinistra sono categorie antiquate, ed ecco sorgere a ogni latitudine il “centrismo” degli “amici degli amici”... Ecco che cosa è successo!".

Quali errori sono stati commessi? Di chi sono le colpe?

"Errori di superficialità, di sottovalutazione, di banalizzazione di storie e personaggi che erano impresentabili a destra e che ovviamente non diventavano presentabili se venivano a casa nostra. Chi, come me, ha mille volte sollevato il problema, è rimasto sempre inascoltato".

C’è chi ipotizza, però, che con la vicenda di Bari e l’invio della commissione si sia voluto azzoppare un leader in ascesa come Decaro…

"Decaro non meritava di chiudere una esperienza davvero straordinaria come la sua, di sindaco amatissimo per ciò che Bari è diventata, con questa brutta storia. Lui i clan li ha sempre sfidati. E soprattutto la Bari di oggi, non quella del coprifuoco e del dominio dei clan, ma quella della rigenerazione urbana e della cultura, non merita una ferita che la colpirebbe al cuore, se fosse sciolto il Consiglio comunale. Sarebbe un colpo proprio a chi ha restituito bellezza e dignità a una città che 20 anni fa tutti chiamavano Scippolandia…".

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