Lunedì 29 Aprile 2024

Il Pd cerca la via d’uscita: arriva un codice etico contro gli impresentabili. Caos capolista in Piemonte

Il partito sceglie la strada dell’autoregolamentazione in vista delle prossime elezioni. Ma a Torino Raffaele Gallo (non indagato) ritira la candidatura dalle Regionali di giugno

Roma, 7 aprile 2024 – Il vortice della trasparenza risucchia il Pd in una feroce corsa contro il tempo. Dopo il botta e risposta tra Elly Schlein e Giuseppe Conte sulle mancate primarie di Bari (sede di due clamorose inchieste che chiamano in causa la politica), e l’invito del leader pentastellato alla segretaria dem a liberarsi di capibastone e cacicchi, il ciclone elettorale si sposta in Piemonte. Raffaele Gallo, capolista Pd alle Regionali, accetta di farsi da parte pur in assenza di avvisi di garanzia. Lascia il suo incarico in Consiglio e ritira la propria candidatura per le elezioni di giugno.

Elly Schlein con il candidato Pd a Bari, Vito Leccese
Elly Schlein con il candidato Pd a Bari, Vito Leccese

Insostenibile la pressione esercitata dall’inchiesta Echidna che coinvolge il padre Salvatore, 85enne ex manager Sitaf (autostrada Torino-Bardonecchia), indagato per estorsione, peculato e violazione della normativa elettorale. In una intercettazione dell’inchiesta che illumina gli appetiti piemontesi della ’ndrangheta, Raffaele è colto dagli inquirenti mentre esulta col genitore per la riuscita nomina alla Film Commission di Torino della nuora di un noto industriale torinese che, secondo gli inquirenti, "fa parte della ragnatela di favori e consenso costruita dai Gallo". Inevitabile così l’uscita di scena di Gallo jr, tanto più dopo la scelta dei 5 Stelle di sostenere la propria candidata Sarah Disabato, con il rifiuto del campo largo e una corsa solitaria che spiana la strada alla riconferma di Alberto Cirio in quota centrodestra (l’altra candidata sarà la dem Gianna Pentenero).

Carlo Calenda (Azione) invita i dem "a non farsi dare lezioni" da Conte . Il Movimento glissa infatti sistematicamente sugli eventi sgradevoli che investono la comunità pentastellata o pezzi della sua storia. Ad esempio la condanna a un anno e sei mesi, in due gradi di giudizio, per Chiara Appendino (attuale vicepresidente dei 5 Stelle) per i 3 morti e i 1.672 feriti del 3 giugno 2017 a Torino quando era sindaca. Appendino, che ora aspetta giustamente la Cassazione, è invece assai poco tenera coi rivali sabaudi: parla di "problemi irrisolti del Pd" e "quadro desolante". Applicando la stessa logica selettiva, Conte non spreca una parola per la condanna a 8 anni e 8 mesi dell’ex presidente grillino dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito per la vicenda del nuovo stadio della Roma. Evidentemente la "mela marcia" così definita nel 2019 mal si sposa ai rinnovati richiami etici. Il Pd uscito indenne dal processo ha così buon gioco a rimproverare ai 5 Stelle "una questione morale double face ". "Che M5s dia patenti di moralità – osserva Italia viva con Davide Faraone – fa ridere. Il Pd che gli va dietro fa ridere di più".

I dem reagiscono allo schiaffo pugliese comunicando solide contromisure territoriali. L’idea è di estendere "ovunque" il nuovo codice di autoregolamentazione messo a punto dal commissario in Campania Antonio Misiani. Il pacchetto impone a tutti i candidati presentazione di certificato penale; autocertificazione di non incandidabilità rispetto al codice di autoregolamentazione antimafia; impegno scritto alla denuncia di eventuali fenomeni di condizionamento del voto, di voto di scambio, di intimidazioni elettorali, di tentativi di corruzione o concussione durante il mandato elettivo o amministrativo. L’applicazione del codice in Campania sarà affidata all’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.

La “rivoluzione etica” potrebbe essere immediatamente applicata anche a Bari e in Piemonte, rispondendo così sia alla sfida lanciata dai 5 Stelle sia a dinamiche di rigenerazione interna e di "più capillare selezione della classe dirigente", come chiede Andrea Orlando. L’altro fronte dialettico viene aperto contro la maggioranza. L’accusa rivolta a Palazzo Chigi è di "essere diventato un gazebo elettorale permanente con la complicità dei tg del servizio pubblico".