Mercoledì 24 Aprile 2024

Pd, Minniti si ritira dalle primarie. E torna lo spettro scissione

L’ex ministro: Renzi deve negare rotture. Ma lui risponde picche

Marco Minniti, alle sue spalle una foto di Matteo Renzi (Ansa)

Marco Minniti, alle sue spalle una foto di Matteo Renzi (Ansa)

Roma, 6 dicembre 2018 - Oggi, in un’intervista, l’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, annuncerà il ritiro dalla sua corsa alle primarie Pd. Un ritiro ormai maturato nella testa di Minniti, e irrevocabile, anche se condito dalla richiesta ai renziani di firmare un documento in cui rinunciare a ogni idea di scissione. Insomma, una specie di richiesta di abiura da parte di chi, come Minniti, vede nei ‘comitati civici’ creati da Renzi il preludio di una scissione dal Pd.  Peccato che un documento siffatto era già stato rifiutato, ieri, dai renziani e pure da Renzi, descritto «fuori come un balcone» per la rabbia. La rottura tra i due è anche personale e ormai insanabile. I renziani sibilano: «È offensiva anche solo la richiesta che ogni parlamentare firmi un impegno a non uscire dal Pd. Minniti non ha capito che noi abbiamo scelto di restare nel Pd. In ogni caso – conclude la fonte – tra noi e lui il rapporto si è spezzato».

Ma se la candidatura di Minniti è durata lo spazio di un mattino, il Pd ha vissuto una giornata di ordinaria follia. Infatti, prima della riunione ‘definitiva’ tra i renzianissimi Lotti e Guerini da una parte e Minniti dall’altra, si diffonde un finto lancio d’agenzia che annuncia il falso ritiro di quest’ultimo. Tutti chiedono lumi, specie i parlamentari renziani, all’oscuro. Poi, arriva il confronto – ruvido – tra Minniti e i renziani che si conclude con un doppio non possumus: Minniti chiede ai renziani di firmare ‘un vincolo’ sul loro futuro, loro rispondono picche. Eppure, i renziani, durante l’incontro con Minniti, dicono di aver confermato l’impegno al suo fianco, ma «la decisione finale ora spetta a lui».  Giacomelli fa mettere a verbale che «quello che non possiamo fare è trascinare una situazione indefinita fino alle ore a ridosso della scadenza per la presentazione delle candidature. Quindi, se oggi non ci sono fatti espliciti e conclusivi, bisognerà ragionare su un nuovo assetto del congresso». 

Minniti, però, ha deciso: oggi si ritirerà dalla corsa. Alle primarie gareggeranno, con probabilità di vittoria, solo Zingaretti, appoggiato dalla sinistra interna, e Martina, appoggiato da una coalizione rainbow (Giovani turchi, Delrio, Richetti), e i candidati minori (Boccia, Damiano).   Resta da capire che cosa farà Renzi. Il quale inizia la giornata a Bruxelles, dove incontra una serie di personalità della Ue, tra cui i capigruppo dei liberali dell’Alde, Verhofstadt, e dei Verdi, ma non il gruppo del Pse, per poi ricordare spavaldo che «io non mi occupo del congresso del Pd». Una dichiarazione di guerra, per Minniti, che già lamentava la scarsa presenza dei renziani alle sue iniziative. 

E ora che cosa farà Renzi? Guerini smentisce una sua partecipazione alle primarie, ma restano in campo due candidati ‘di bandiera’: Ettore Rosato e Teresa Bellanova, anche se la soluzione più accreditata è che «non ci sia un nome riferibile a Renzi alle primarie», spiega un’altra fonte dem. Perché, appunto, l’ex segretario vuole tenersi le mani libere. Non a caso, si diffonde sempre ieri, via Facebook, il logo del nuovo partito di Renzi (un ‘canarino’ giallo), ma è falso.