È la campagna elettorale, bellezza. La butti fuori dall’Abruzzo, e rientra a Montecitorio. Dove Giorgia Meloni e l’opposizione in aula duellano su tutto: da Putin all’Ucraina al Medio Oriente. Soprattutto, se le danno di santa ragione sul bon ton istituzionale. "Ragazzi vi vedo sempre un po’ nervosi", innesca la miccia la premier. Esplode l’ira negli scranni del centrosinistra: onorevoli, non ragazzi, gentilmente. "Giovani onorevoli – riprende lei – Non posso? Ma poi, ogni tanto i romani usano ragazzi". I romani sono meglio di questo, la replica. "Va bene – sospira lei – ragazzi lo posso usare con il governo?". A timbrare la vittoria del trash alla Camera, il coro ’bacio bacio’ quando Matteo Salvini fa una fugace apparizione al fianco di Giorgia e lei l’abbraccia. L’immagine, spiega Antonio Tajani, racconta "una love story di trent’anni di una coalizione che non va mai in frantumi".
E questo un po’ stride con la telenovela stile Ferragnez tra la premier e il suo vice leghista. Nel merito, Meloni nelle comunicazioni sul Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles ripete quanto detto martedì al Senato, ma con tono più istituzionale, evitando le provocazioni di Palazzo Madama. Quel che più le interessa è respingere l’accusa di guidare una maggioranza divisa, rigettandola sulle spalle degli accusatori: "Non si può dire che la posizione del governo sull’Ucraina non sia chiara, è chiaro a tutti invece che l’Italia mantiene i suoi impegni e non sono sicura che si potrebbe dire lo stesso nel caso in cui al governo ci fosse l’attuale opposizione". Più che con i Cinquestelle, "la cui posizione è cristallina", ce l’ha con il Pd, colpevole di "essersi astenuto nell’ultima votazione sull’invio delle armi". Sui rapporti con il primo ministro ungherese, Orban, rivendica il merito di averlo convinto a sbloccare gli aiuti a Kiev, "con la revisione del bilancio pluriennale europeo" proprio grazie al dialogo: "Se voi magari parlate con i vostri alleati di M5s e riuscite a fare lo stesso miracolo, l’Ucraina ve ne sarà grata".
Sul Medio Oriente conferma la denuncia dell’antisemitismo dilagante ("è grave che l’Università di Torino non partecipi al bando per la cooperazione scientifica con Israele"), la soluzione dei "due popoli, due Stati", il no fermo all’operazione di terra a Rafah, ma nega che mantenere la sospensione dei fondi all’agenzia dell’Onu, Unrwa, sino a inchiesta conclusa significhi non aiutare più i palestinesi. "Abbiamo appena trasferito 20 milioni di euro alle altre organizzazioni". Posizioni meno ovvie di quanto potrebbe apparire. Nell’ultimo consiglio, rivela, è stato impossibile trovare un accordo tra tutti i paesi europei; più tardi nel rituale pranzo al Quirinale che precede sempre le riunioni internazionali, Mattarella le raccomanderà accoratamente di fare il possibile per trovare stavolta l’intesa mancata un mese fa.
Conte affronta la sfida a colpi di battute al vetriolo: "Ma la vostra politica estera è un copione comico?". Ancora: "Il problema degli italiani è la mia pochette o l’elmetto che si è messa in testa?". E poi: "Ha fatto bene a coprirsi la faccia – dichiara dopo che lei si è messa la giacca sul viso ad una battuta del verde Bonelli – Perché l’ha persa completamente". Ci tiene a far capire che il leader in grado di competere con chi guida la destra anche sul piano della comunicazione ad effetto, della resa televisiva e persino del cabaret è lui. La posizione di Schlein è decisamente più difficile. Il capo dei Cinquestelle parte da una linea effettivamente alternativa a quella della premier: "Negoziare le migliori condizioni per l’Ucraina è l’unico modo per sfuggire alla terza guerra mondiale". La leader del Pd non può permetterselo. Le posizioni di Meloni erano identiche a quelle del Pd di Enrico Letta che la nuova segretaria non ha mai apertamente modificato. Dunque si incarta ricordando tutte le volte in cui la premier ha cambiato posizione: su Putin, ad esempio. "Nel 2018 si è complimentata con lui per la rielezione". O sulla Ue: "Era accanita oppositrice dei poteri forti e grigi burocrati europei". Salvo poi doversi dichiarare contentissima del cambiamento.
Alla fine per tener viva la polemica deve affidarsi al salario minimo e alla sanità: "Cambi idea anche su questi temi". Temi essenziali ma che con il dibattito in corso non c’entrano niente. Non importa. Non si parla per l’aula ma per i telespettatori, e forse ci si potrebbe chiedere se la diretta aiuti la trasparenza o non riduca il dibattito parlamentare a talk show.