GEMONIO (Varese)
Nel giardino della villetta color ocra di Gemonio la voce di Umberto Bossi giunge da profondità remote ma è forte. Bossi contro Salvini. "Alla Lega – dice il vecchio condottiero – serve un nuovo leader che vada nella direzione dell’autonomia, che rimetta al centro la questione settentrionale". Un affondo, proprio quando si festeggiano i 40 anni della Lega, che nasce da un sentimento misto di polemica e di rimpianto: ai suoi occhi, il corso imboccato dalla Lega guidata dal segretario-ministro-vicepremier è lontana da quella delle radici. E proprio Salvini gli risponde: "Alle critiche di Bossi sono abituato da trent’anni, ne parlo anche nel mio libro che uscirà a fine aprile. Le ascolto con attenzione e gratitudine, rispondo solo che vederlo in salute è il miglior regalo per questa festa".
Il vecchio leone mai domo ruggisce ancora quando parla della necessità di una "spallata" per cambiare le cose, come per la sanità in Lombardia. Il patriarca parla davanti a un tavolino con la tovaglia griffata dai messaggi di saluto, affetto, augurio, fedeltà lasciati dai visitatori entrati in casa a piccoli gruppi. Accanto a lui il figlio Renzo, il fedele Diego, Castelli e Giuseppe Leoni, uno dei sei padri fondatori della Lega Autonomista Lombarda, il 12 aprile di quarant’anni fa con un atto registrato nello studio di un notaio di Varese. Una selva di microfoni raccoglie le parole di Bossi.
Senatore, è contento?
"Ho visto molte persone che non vedevo da anni. I leghisti di allora mi vogliono tanto bene".
Cosa vi siete detti?
"Più che altro ci siamo salutati". Salvini?
"Salvini prende la sua strada. Ognuno va per la sua strada. Ci vuole un po’ di testa. Salvini non riprende la strada che abbiamo battuto no. La Lega di allora era radicata profondamente nelle basi popolari. In Consiglio comunale a Varese si parlava in dialetto. Le radici erano profonde. Se le radici sono forti è difficile che si fermino".
Quarant’anni dopo. Rifarebbe tutto quello che ha fatto?
"Sicuramente abbiamo fatto un grande sforzo. Era un mondo diverso. Chiunque avesse avuto un minimo di capacità politica avrebbe capito che era il momento di un cambiamento. Il Pci era affondato, la Dc aveva vinto. Noi nascemmo allora".
E adesso, cosa è necessario? "C’è bisogno di un’altra spallata per cambiare le cose. Per esempio, la sanità in Lombardia un problema che tocca tutti. La Lega deve essere uno stimolo".
La questione settentrionale può andare avanti con Salvini?
"Non mi sembra che Salvini abbia messo al centro la questione settentrionale. Bisogna andare in quella direzione. Serve qualcuno che la porti avanti".
Il nuovo leader è Giorgetti?
"Giorgetti è uno bravo. Giorgetti lo dite voi. Io non dico Giorgetti altrimenti lo massacrano. È in Lussemburgo. Ho sentito Giorgetti. Non Salvini".
E Meloni?
"Il governo dia dei risultati".
Oggi sarà a Varese, alla festa della Lega salviniana?
"No".
Non vuole o non può?
"Non posso".
Cose vorrebbe dire ai leghisti che sono venuti oggi per lei?
"La Lega deve funzionare da stimolo per cambiamenti importanti. Senza non si fa niente. C’è la necessità di un programma che la gente approvi. Se la gente non approva, il programma è inutile. È una bolla di sapone".
Il ricordo più bello in questi quarant’anni?
"Quando siamo andati sul Po. Le ampolle le ha ancora Calderoli".