
Roma, 13 giugno 2024 – Chiudere subito. È l’obiettivo di Manfred Weber, capo del Ppe, e di Ursula von der Leyen, la presidente uscente e rientrante. Subito significa definire già lunedì nella cena dei 27 capi di governo a Bruxelles che lei è la candidata proposta dal Consiglio europeo e sul suo nome voterà il Parlamento europeo il 18 luglio. Non è un caso se, prima di volare in Puglia, von der Leyen abbia visto a Parigi uno dei leader che, prima della batosta alle Europee, era più scettico sul suo bis, Emmanuel Macron.

Gli occhi sono tutti puntati sul possibile allargamento della "coalizione Ursula" a destra con i conservatori o più probabilmente a sinistra, con i Verdi che già hanno dato la disponibilità. Ma la narrazione sull’ingresso o meno di Ecr – o di alcune sue componenti come FdI – nella maggioranza è uno specchietto per le allodole. Meloni ha tanto interesse a non figurare in quella maggioranza quanto i socialisti a dichiarare che la destra non ne fa parte. Si può fingere che l’elezione del Presidente sia una sorta di "appoggio esterno" ed è su quello che la premier tratterà, forte di due argomenti: guida l’unico governo uscito in piedi dalle elezioni e vanta in maggioranza una forza del Ppe.
Anche per questo l’ingresso di Fidesz di Orban nel gruppo Ecr ieri è stato congelato: molti i contrari, dai fiamminghi agli svedesi. Favorevoli invece il Pis polacco, gli spagnoli di Vox i francesi di Reconquete. L’ultima parola spetta alla delegazione italiana sia perché è la più forte con 24 eurodeputati sia perché Meloni è presidente di Ecr. Per ora però gli italiani non si sono espressi. Ufficialmente per evitare il rischio di scissione, in realtà perché i popolari hanno poca simpatia per il leader ungherese e alla vigilia della mano decisiva sulla presidenza Giorgia vuole evitare tensioni. Cerca di strappare una delega di peso, condita da una vicepresidenza della Commissione. Ieri i conservatori da 73 sono diventati 77 grazie a quattro nuovi ingressi, altri ne dovrebbero arrivare: superare i 79 eurodeputati di Renew diventando il terzo gruppo è un obiettivo realistico.
Così, Meloni potrebbe chiedere la postazione del commissario agli Esteri, che è anche automaticamente vicepresidente: un mister Pesc o una lady Pesc, visto che in pole position c’è Elisabetta Belloni, segretaria generale della Farnesina. Il problema, secondo alcuni, è che quel posto gode di prestigio e di pochi fondi, mentre all’Italia servirebbe un commissariato con le casse piene. Fuori discussione l’Economia, le postazioni appetibili sono Coesione, Ricerca o Industria. In tal caso il candidato più probabile potrebbe essere Raffaele Fitto; in campo ci sarebbe anche Tajani ma è difficile che la premier se ne privi. Nessuno spiraglio su un voto a favore di donna Ursula dalla destra di Identità e democrazia.
Ieri si sono visti Marine Le Pen, Matteo Salvini e gli altri leader sovranisti, Afd esclusa: del suo rientro in Id si parlerà dopo le elezioni francesi. "Unità del centrodestra, niente alleanze con la sinistra, determinazione a cambiare l’Europa", i punti fermi. Tra i nomi italiani che circolano a Bruxelles c’è pure quello di Enrico Letta per la guida del Consiglio europeo. Il candidato informalmente designato sarebbe il portoghese Andrea Costa considerato troppo di sinistra. Dietro di lui ci sono la premier Mette Frederiksen e l’ex segretario del Pd. Viene dalla sponda opposta a quella di Giorgia Meloni ma dati i rapporti cordiali tra i due, se la scelta cadesse su Letta la premier sarebbe più che soddisfatta.