"Spitzenkandidat", riecco la parola. Candidata di punta, a tre mesi dal voto. All’assise del Partito popolare europeo, a Bucarest, la commissaria uscente dell’Unione, Ursula von der Leyen, ottiene l’investitura per il secondo mandato, senz’altro plausibile in base ai numeri accreditati dai sondaggi. I popolari si portano avanti e rinnovano la fiducia alla 65enne tedesca: 400 voti a favore, 89 contrari, 10 schede nulle. Ma non è tutto oro quel che luccica. Gli 89 voti contrari vanno oltre quelli largamente annunciati dei Républicains francesi (contrari in patria alla rielezione di Emmanuel Macron) e dei popolari sloveni. Austriaci, maltesi e spagnoli franchi tiratori? Di sicuro così tanti "no" sommati ai 92 delegati che non prendono parte all’elezione, e ai 146 che neppure si registrano, restituiscono un’immagine congressuale tutt’altro che plebiscitaria.
Nonostante i distinguo in casa, e quelli dei socialisti che confermano di volersi tenere le mani libere al pari dei liberali, la commissaria uscente celebra la designazione con uno dei suoi sorrisi a macchinetta. Ringrazia la platea con una rinnovata promessa di "prosperità, sicurezza, democrazia", che allinea il Ppe a "quello che interessa veramente alla gente in questi tempi difficili", dalla crisi economica ai flussi migratori, dalla complessità Green Deal ai terribili conflitti in corso a partire dalla guerra in Ucraina. La "spitzenkandidat" chiama sul banco degli imputati la Russia e i partiti che non le piacciono: soprattutto, quelli che non piacciono ai votanti odierni e ai futuri alleati che sigilleranno il patto di rielezione. "Gli amici di Putin stanno seminando odio – dichiara la commissaria –. La nostra Europa pacifica e unita non è mai stata così minacciata dagli estremisti e dai populisti, di estrema destra o estrema sinistra, da partiti come il Rassemblement National o l’Afd". Prova ad accontentare tutti: prospetta "un futuro di tecnologie industriali pulite per l’Europa", perché "non esiste competitività senza la transizione ecologica", ma al tempo stesso mette in chiaro "che non esiste industria pulita senza competitività". E gli agricoltori? Von der Leyen si proclama al loro fianco perché "non è accettabile che siano costretti a vendere i loro prodotti a costi minori di quelli di produzione". Sui migranti difende poi a spada tratta gli accordi, come quello tra Italia e Albania, per la dislocazione in paesi terzi sicuri.
Antonio Tajani, leader di Forza Italia, parla di "Europa protagonista" e appoggia convinto von der Leyen nonostante il possibile mandato bis nasca già bocciato dagli alleati di governo leghisti: "Affermare che la Lega e i suoi alleati in Europa vogliono distruggere l’Ue è una falsità clamorosa. Noi vogliamo cambiare questa Europa da cima a fondo", è l’attacco dal Carroccio. Von der Leyen ha invece un ottimo rapporto personale con Giorgia Meloni, ma un conto sono le simpatie innescate da una volitiva interpretazione dei ruoli, un conto sono le famiglie politiche. E la manovra del presidente del Ppe Manfred Weber per depotenziare socialisti e liberali, allargando la maggioranza Ursula alle destre non euroscettiche guidate da FdI, deve ancora perfezionarsi.
"L’Italia deve riavere la vicepresidenza della Commissione", batte subito cassa il ministro degli Esteri, individuando in agricoltura, difesa (per la quale von der Leyen propone un commissario ad hoc), industria e ambiente gli ambiti graditi dal nostro Paese. "È importante che il nostro commissario sia competente, conosca la realtà di Bruxelles e creda nell’Europa – sono i paletti elencati dal numero uno azzurro e vicepremier –. Raffaele Fitto? Bisogna parlare con lui, ma andrebbe benissimo", è l’assist per Giorgia Meloni.