Roma, 8 febbraio 2024 – Il cuore della democrazia è il bilanciamento dei poteri. Professor Francesco Clementi, il testo sul premierato del governo rispetta il principio?
"No, la proposta del Governo non mantiene, in sé, un sistema di pesi e contrappesi perché l’elezione diretta del presidente del Consiglio, incide pesantemente sugli altri poteri", afferma il docente di diritto pubblico comparato all’Università la Sapienza di Roma.
Qual è il primo ’potere’ azzoppato?
"Questa legittimazione del premier annichilisce ogni possibilità di un confronto equilibrato con il presidente della Repubblica, a maggior ragione di fronte ad un contrasto che tocchi, ad esempio, i principi fondamentali dell’ordinamento in tema di unità nazionale e di garanzia e di equilibrio dei poteri. E poi c’è la questione dei parlamentari".
Dei parlamentari?
"Sì, perché sono eletti a strascico della sua volontà. Eppure basterebbe l’indicazione sulla scheda del nome del premier per risolvere il problema, senza irrigidire con l’elezione diretta, per cui finirebbero per essere sudditi di un monarca elettivo".
Sulla carta, però, la riforma non interviene sulle funzioni del capo dello Stato.
"Sono modifiche di fatto, non di diritto. Si colpisce il ruolo di garanzia istituzionale del presidente della Repubblica, che rimane drasticamente indebolito rispetto al ’secondo premier’, che può imporgli il diktat di uno scioglimento automatico".
In concreto, cosa non potrà più fare il capo dello Stato?
"Non potrà più essere quel motore di riserva che il Costituente ha voluto di fronte alla crisi della politica. Un grave danno perché toglie al Paese una risorsa utile, di ultima istanza".
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Sono lustri che il Parlamento ha poca voce. La riforma come può diminuirne ulteriormete il ruolo?
"Non c’è dubbio che le Camere sono la seconda vittima della riforma. Nessun punto del testo aiuta il Parlamento a ritrovare la sua voce: anzi, finisce sotto il tacco del governo. La maggioranza è totalmente dipendente dell’esecutivo, altro che equilibrio dei poteri!".
Scusi, ma non è un problema di legge elettorale?
"Appunto, lo è. Infatti, grazie alla legge elettorale, il legame automatico tra l’elezione del premier con l’elezione dei parlamentari rende come detto questi ultimi una derivazione del premier. In Parlamento come fedeli al premier e non solo semplicemente invece – come dovrebbe essere – leali. E poi non c’è neanche un barlume di ’Statuto dell’opposizione’, che è invece il vero bilanciamento nei sistemi parlamentari".
A proposito: l’opposizione ha scelto di non collaborare ma di abbattere il testo. Secondo lei è giusto o non sarebbe meglio provare a intervenire, ferma restando l’elezione diretta del premier?
"Io auspico che le forze politiche non cerchino una prova inutilmente e dannosamente muscolare come è quella referendaria e si impegnino per approvare il testo a 2/3. Insomma, non basta dire no".
Un appello che vale per tutti.
"Vale tanto per la maggioranza, che cerca di risolvere i problemi politici di coalizione con modifiche alla Costituzione, ma vale anche per le opposizioni, che non sono riuscite ancora a presentare un comune testo unico alternativo e i cui emendamenti sono deboli anche rispetto allo stesso modello tedesco cui dicono, invece, di ispirarsi".
Su un punto i detrattori quanto una parte dei sostenitori del premierato sono d’accordo: la necessità di regolare il caso in cui il presidente del Consiglio mette la fiducia su un provvedimento e non la ottiene. Il nuovo testo del governo non prevede nulla.
"L’unica fattispecie di fiducia che appunto non normano è quella più comune, ossia la questione di fiducia, cioè quando il presidente del Consiglio impegna la sua maggioranza di governo su un provvedimento. Il paradosso di questo testo è che se la maggioranza boccia un provvedimento sul quale il suo governo ha posto la questione di fiducia il Presidente, a differenza dell’esperienza tedesca, non può chiedere lo scioglimento anticipato. A che serve allora eleggere direttamente un premier se non ha neanche i poteri del Cancelliere tedesco non eletto direttamente?".