Strano ma vero: la Basilicata sta diventando il termometro della politica italiana, scempiaggini da bar comprese. Dopo la sbronza sarda e il brusco risveglio abruzzese, sulle elezioni in Lucania – 570mila votanti in tutto, un quarto circa di Roma – si stanno effettivamente misurando i rapporti politici interni soprattutto al centrosinistra, dove la segretaria dem Elly Schlein veleggia col favore della fortuna rispetto al leader 5 Stelle Giuseppe Conte. Alla fine infatti la candidatura è caduta per la prima volta su un esponente dem invece che su un civico, il presidente della provincia di Matera, Piero Marrese. E questo è il punto vero. Mentre i centristi di Italia viva e Azione hanno chiuso un accordo col governatore uscente di centrodestra Vito Bardi. Ma non si tratta veramente di una novità, visto che Azione già governa con la destra in Calabria e si accinge a proporsi anche ad Alberto Cirio in Piemonte, dove intanto è sancita la divisione tra Pd e M5s. Un gioco che non guarda in realtà a prossimi ingressi in maggioranza in Parlamento, visti i numeri esigui, quanto piuttosto a guadagnare la capacità politica di far da aghi della bilancia nelle prossime determinanti regionali del 2025 in Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia: quando si deciderà davvero il futuro del centrosinistra.
L’eccessiva confidenza col telefono – perennemente occupato il suo – ha fatto male al plenipotenziario di Azione in Basilicata Marcello Pittella: "C’è proprio un’azione a far male, a far morire. Sapete quando deportavano gli ebrei e dovevano portarli nelle camere a gas? Ecco, io sono uno che deve morire", dice il consigliere regionale in un vocale che non poteva non guadagnare la ribalta della cronaca. Ex governatore e ras delle preferenze dem della Regione, come prima di lui il fratello Gianni (che ora dice però: "non mi riconosco nella scelta di Azione") e il padre Domenico, medico e senatore socialista, uscito piuttosto indenne dalle vicende giudiziarie (salvo 27mila euro di risarcimenti erariali), Pittella ha un rapporto a dir poco burrascoso coi dem andato in crisi con le ultime politiche, quando passa ad Azione. Il suo consenso, o potentato, locale, non va giù né a Conte né a Schlein. Lo ostracizzano e lui si vendica e si accorda per portare la dote di 6 o 7% di voti locali al centrodestra. Salvo definirsi inappropriatamente come una vittima nei vagoni piombati.
Il paragone suscita scandalo legittimo e anche un po’ peloso. Non è un caso che a indignarsi per il paragone con la Shoah sono soprattutto i 5 Stelle. A cominciare dal leader Conte, già sul piede di guerra per tutta la partita lucana con la famiglia Pittella, accusata di governare "da 40 anni senza grandissime fortune" e di trattare gli elettori "come merce". Polemiche anche da parte dei concorrenti interni di Iv. Mentre Pittella si rende conto della gaffe e si affretta a cercare di scusarsi attribuendola allo "stress e la tensione emotiva" degli ultimi giorni.
Mentre Conte sancisce la "competizione" in Piemonte col Pd, che ha candidato la scheleiniana assessore torinese alla sicurezza Gianna Pentenero, tace non a caso la segretaria dem. Dopo il ritiro dell’oftalmologo Domenico Lacerenza, civico voluto dal M5s, i dem hanno massimizzato il disastro come nella sconfitta abruzzese. Ottenuto un ragguardevole 20 per cento nella sfida in Abruzzo, adesso il Pd incassa in Basilicata il primo candidato di partito in alleanza con Conte: il che sarebbe stato impossibile fino al disastro della scelta improvvida di un neofita come Lacerenza. In effetti il nome di Marrese era quello che nei mesi scorsi ricorreva di più insieme al leader delle coop bianche Angelo Chiorazzo, bocciato neanche troppo a torto da Conte perché troppo implicato nel sistema sanitario. "Io ultima scelta? No – risponde per radio Marrese – Non c’è chiusura verso nessuno, si sta lavorando per un obiettivo comune: battere la destra".