ROMA
Le acque tornano a muoversi nel Pd. Dopo gli addii di Enrico Borghi (verso Italia viva), dell’ex capogruppo Andrea Marcucci (in ogni caso non più parlamentare) e quello sul fronte europeo di Caterina Chinnici (verso Forza Italia), arriva un altro distacco eccellente, sempre al Senato (se pure non si tratta di un puro e semplice cambio di casacca, e quindi sarà meno doloroso). L’economista Carlo Cottarelli ieri ha infatti annunciato nel salotto di Fabio Fazio sulla Rai le sue dimissioni "senza ripensamenti", questa settimana, da senatore del Pd. Per Cottarelli si tratta di un’uscita definitiva dal Palazzo poiché l’Università Cattolica gli ha "chiesto di dirigere un programma per l’educazione delle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori". Un incarico incompatibile con la carica di senatore a cui rinuncerà.
L’addio di Cottarelli, si apprende, non è un fulmine a ciel sereno per i vertici dem, avvertiti per tempo ma non prodighi di immediati commenti. La scelta di Cottarelli ha infatti una coda polemica verso l’attuale tolda di comando del Nazareno. Cottarelli aveva sostenuto Stefano Bonaccini nella corsa per la segreteria del partito e nei giorni scorsi aveva già espresso un disagio anche in un’intervista al Corriere della Sera, disagio che ha una esplicita spiegazione: l’economista non si riconoscere nella linea dell’attuale leader, Elly Schlein, che ha informato martedì scorso insieme al capogruppo Boccia e al Presidente del Senato la Russa. Cottarelli racconta di aver ricevuto molte offerte da altri gruppi (non fa i nomi ma fa capire che si tratta di Renzi e Calenda) ma di aver optato per le dimissioni dal Senato. "È giusto che quel seggio torni al Pd fra l’altro la prima non eletta è una persona molto brava, Cristina Tajani. A me non sembra giusto cambiare partito – prosegue – io sono stato eletto nel proporzionale, la gente non ha votato il mio nome ma il partito".
Cottarelli cerca dunque di entrare nel merito della sua serena scelta: "Io stimo molto Schlein, sta facendo la cosa giusta nello spostare il Partito democratico più a sinistra, andando a rappresentare una parte sociale che forse adesso è poco rappresentata. La questione è la mia posizione: ci sono delle differenze che si sono create con il Pd, una di queste riguarda per esempio il ruolo che il merito deve avere nella società e nell’economia. Nel documento dei valori del Pd del 2008 il ruolo del merito era molto enfatizzato. Nei più recenti documenti, quello di gennaio e nella mozione di Schlein, è scomparso, addirittura si critica il criterio del merito. Credo di poter essere più utile al Paese nel mio ruolo di grillo parlante, di divulgatore. Forse non è stato così in passato, ma c’è in questo momento storico un’estrema conflittualità fra minoranza e opposizione. Mi aspettavo un atteggiamento meno conflittuale. Poi essere un uomo di parte dà meno credibilità alle cose che si dice".
Ettore Maria Colombo