Quando si presenta, ospite inatteso, al convegno di "Merita" nei saloni-museo dell’ex Banco di Napoli, il presidente onorario della Fondazione, l’ex ministro Claudio De Vincenzi, impallidisce: "È un fuori programma". Nessuno si attendeva l’arrivo dello "sceriffo di Salerno", Vincenzo De Luca, venuto a contendere le luci della ribalta alla star del convegno, il ministro delle Politiche di coesione e del Pnrr, Raffaele Fitto. I giornalisti e i fotografi si passano la voce, in pochi minuti arrivano i rinforzi dalle redazioni cittadine.
Nell’aria c’è odore di polvere da sparo dopo che il confronto tra governatore e ministro era finito, nei mesi scorsi, a insulti, diffide e carta bollata. A inizio febbraio, De Luca aveva marchiato il politico di Maglie come "delinquente politico", sfidandolo a un confronto sui fondi di Sviluppo e coesione che Largo Chigi blocca da mesi. "Si misuri con me pubblicamente se ha gli attributi, ma lui è un coniglio che scappa". Venti giorni dopo, Fitto si toglie i sassolini dalle scarpe e tiene ai box l’intesa da firmare (ne sono state finora siglate 17 con altrettante regioni) perché, scrive in una lettera, la "Campania è inadempiente". Con queste premesse, gli occhi di tutti sono concentrati sui due che, come i "Duellanti" di Conrad, non riescono a sottrarsi alla imponderabilità del conflitto. Fitto parla per un’ora, De Luca si piazza in prima fila, braccia conserte e aria altera come se le parole del ministro fossero polveri sottili spruzzate nell’aria.
Il governatore è una sfinge, ma il linguaggio del corpo parla per lui. Quando Fitto dice che vuole "evitare sempre la polemica per la costruzione delle soluzioni", sottolineando che sul Fsc "il governo porta avanti l’interlocuzione allo stesso modo con tutte le Regioni italiane", l’inquilino di Palazzo Santa Lucia incrocia le braccia e accavalla le gambe, come se il suo inconscio stesse rifiutando il ragionamento e ne prendesse le distanze. De Luca tiene il muso, man mano che il ministro va avanti, è diffidente, si avverte in sala che vorrebbe andare sul palco a dirgliene quattro. Fitto non lo guarda mai, ma il destinatario è lui quando afferma che "non esiste alcun approccio politico, il mio approccio è istituzionale e guarda alla sostanza, non alla spettacolarizzazione degli scontri". Enzuccio ha come un mancamento, fa scivolare le gambe, si rilassa sulla sedia (scomoda) mentre intorno a lui si è fatto il vuoto.
Il ministro chiude l’intervento, non sa che fare. Si siede un paio di minuti, finge di chiacchierare con una questuante che gli rifila un bigliettino, scruta le mosse di De Luca. Poi decide di svignarsela, evitando di restare intrappolato in sala mentre il governatore comizia. Con la scusa di dover andare all’Unione Industriali, esce. La scena finale è lo scatto che i fotografi attendono da due ore. La stretta di mano è quella tra due esquimesi, gelida e formale. De Luca si alza appena, allunga la classica mano "a pesce lesso", lo stesso fa Fitto. Stretta di mano viscida e fredda, praticamente inesistente. La buona educazione è salva, la pax è lontana.