Le residue speranze di risolvere il guaio per via procedurale si sono dissolte ieri. Gli emendamenti della Lega al decreto sull’Election Day sul terzo mandato – uno per i governatori, l’altro per i sindaci delle grandi città – sono stati ammessi. L’auspicio degli alleati di un passo indietro del Carroccio si è mostrato per ora un miraggio: FdI offre la garanzia di discutere il tema dopo le Europee, calendarizzando alla Camera il ddl dell’alleato sul terzo mandato, in caso contrario, è sottinteso, quel ddl passerà anni sul binario morto. Ma discutere non è accettare, Salvini non si fida e gli emendamenti restano sul tavolo della commissione Affari costituzionali del Senato. Rischia di andare in bianco anche l’eterna soluzione della politica italiana: il rinvio. Gli attesi pareri della commissione Bilancio sono arrivati, sulla carta si dovrebbe cominciare a votare domani. Alberto Balboni (FdI), presidente della Commissione, lo dà per certo, il capogruppo al Senato della Lega, Massimiliano Romeo, invece punta sullo slittamento alla prossima settimana.
Di mezzo ci sono le elezioni in Sardegna: una strada che pareva in discesa, è diventata in salita. La Lega sa che l’eventuale sconfitta di Paolo Truzzu, il candidato imposto da Giorgia Meloni, renderebbe più deboli le posizioni della premier. Per ogni evenienza, il governo cerca di declinare ogni responsabilità: "Si rimette al parere della commissione – spiega Balboni– ognuno è libero di votare come crede senza drammi". Un intervento in extremis dei leader non è escluso. Oggi Meloni, Salvini, Tajani e Lupi saranno a Cagliari: il tempo per un Alexei ci sarebbe. Non c’è per ora una formula per quadrare il cerchio.
Sul terzo mandato Meloni intende puntare i piedi fino all’ultimo. Il discorso potrebbe essere diverso per quanto riguarda la conquista del Veneto, conseguenza inevitabile del limite dei mandati, che taglierebbe fuori il governatore Luca Zaia. Lui nega che la faccenda lo riguardi direttamente: "Il problema non sono io e mi spiace che qualcuno pensi che l’emendamento sia fatto per me". Poi va giù pesante: "Il problema non è con i sindaci e con i presidenti di Regione, ma con i cittadini". E rincara: "I cittadini chiedono il mandato, chi voterà contro non condivide la visione dei cittadini". È quasi una minaccia: se Zaia decidesse di dar voce "ai cittadini" con una sua lista e un suo candidato, l’esito per il centrodestra sarebbe catastrofico. Per questo, l’ipotesi di lasciare al governatore la scelta sul successore, benché remota, non è esclusa. Significherebbe però arrivare a uno scontro frontale con Forza Italia che dà per certa la ricandidatura di Alberto Cirio in Piemonte: una regione del Nord, FdI la pretende. E così resta in bilico pure il bis di Vito Bardi in Basilicata, per gli azzurri scontato.
Per uscire dal labirinto saranno determinanti gli esiti delle Europee e i futuri rapporti di forza. Come la destra, anche il Pd non ride. La segretaria sperava che a risolvere lo scontro durissimo con gli amministratori fosse la maggioranza con il ritiro degli emendamenti leghisti. Il tavolo per valutare il da farsi non è ancora partito, però il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, si mostra sicuro: sarà una discussione calda ma alla fine il Pd appoggerà il terzo mandato. In realtà il no di Elly Schlein è fermo quanto quello della "rivale convergente" Giorgia Meloni.