Giovedì 18 Aprile 2024

Dal Polesine alla Romagna: 70 anni di prevenzione buttati

La ferita degli sfollati che non tornano più, i milioni buttati, le opere mai fatte. Alluvione in Emilia Romagna, radiografia di un disastro annunciato

L'alluvione del Polesine (foto d'archivio)

L'alluvione del Polesine (foto d'archivio)

Era il 1951, 101 persone morte, 200mila sfollati, un terzo di essi non tornò più a casa, ventimila aziende danneggiate. E' la storia, con l'alluvione del Polesine, a ricordarci che gli ultimi 70 anni hanno conosciuto catastrofi simili a quella dell'Emilia Romagna oggi. Come ci ricorda il giornalista Mario Fornasari, autore del libro "Cronache dal grande fiume", solo per citare il Po e solo per limitarci agli ultimi anni, ci sono state piene abbondanti anche nel 2000, nel 2014, nel 2019. Il cambiamento climatico, dunque, non ha fatto altro che peggiorare un quadro idrografico che si sapeva già essere critico. Ecco perché "la devastazione ha addebiti precisi, tanto più che se gli investimenti sul territorio non vengono fatti, poi si pagherà ancora di più ad alluvione consumata". Come ha scritto il Quotidiano nazionale, i 190milioni stanziati dal 2015 al 2022 per realizzare 23 bacini idrici, si sono poi tradotti solo in 12 opere funzionanti. Così come è impietoso, per l'Emilia Romagna rispetto al vicino Veneto, il paragone dei bacini di laminazione realizzati. Nel Nord Est sono stati proprio questi investimenti a salvaguardare le aree del Veronese e del Vicentino durante la tempesta Vaia del 2018. Passato e presente, in questo podcast, ci fanno dunque riflettere sulla radiografia di un disastro annunciato.

Ha collaborato Marco Santangelo