A Trieste, in tempi diversi, sono state poste due statue in bronzo a grandezza naturale per ricordare due scrittori eccellenti della città. Uno pienamente triestino, sia pure di origini multinazionali, l’altro irlandese per nascita e cultura ma triestino d’elezione. Sono, naturalmente, Italo Svevo (al secolo Ettore Schmitz) e James Joyce. I due furono grandi amici, in una relazione di stima, affetto e solidarietà fra letterati che Enrico Terrinoni in La vita dell’altro (Bompiani) esplora con pazienza, passione e precisione.
Svevo fu allievo di inglese del ben più giovane irlandese ma presto fra i due si instaurò un’intesa sia umana sia – forse soprattutto – letteraria, e si può ben dire che si influenzarono e aiutarono l’un l’altro.
James fu decisivo nell’incoraggiare Ettore dopo i primi insuccessi e si convinse immediatamente che La coscienza di Zeno era un grande libro; Svevo, d’altra parte, fu fonte di ispirazione, oltre che costante sostegno – affettivo, intellettuale e anche materiale – per l’irlandese. Trieste, città letteraria per antonomasia, fu il loro punto d’incontro, ma Terrinoni insiste sulle numerose affinità umane, di temperamento ed esistenziali fra i due personaggi, pur nella cospicua differenza di età (Svevo era nato nel 1861, Joyce 21 anni dopo). "Vivono per scrivere e scrivono per vivere, fino al punto che i due piani, la scrittura e la vita, si sovrappongono, si fondono, divenendo parti di un unico tessuto inestricabile".
Lorenzo Guadagnucci