Roma, 14 febbraio 2024 – Romeo è Giulietta, con quell’accento a sparigliare le carte, a seminare un dubbio, a trasformare un classico in una provocazione. È il nuovo film di Giovanni Veronesi, illuminato dal talento cristallino della sua protagonista, Pilar Fogliati. Nel film, in sala da oggi con Vision in 460 copie, un regista teatrale enfatico, narciso e primadonna interpretato da Sergio Castellitto, cerca i suoi Romeo e Giulietta perfetti, per la regia che segna il suo addio alle scene.
Voce potente, arroganza di rito, il regista scarta tutte le derelitte provinanti: perché cagne, timide, inespressive… Poi arriva Pilar. Brava, sì: ma poco "spendibile". Si porta addosso una pubblicità negativa, e allora – dato che il teatro, come tutto, è anche marketing – meglio fare a meno anche di lei. Ma la ragazza è una tosta, e ha in mente piani diversi. Non diciamo di più, e chiediamo a Giovanni Veronesi di raccontarci il suo film.
Giovanni, lo spunto del film è la messa in scena del più classico dei classici teatrali. Ma che rapporto ha lei col teatro?
"Un rapporto di colpa. Totale. A teatro mi sono sempre addormentato: anche a uno spettacolo mio! Ma me ne vergogno. Prima di scrivere questo film, ho riletto Romeo e Giulietta di Shakespeare scoprendo un mondo incredibile. Noi, di solito, prendiamo sempre l’aspetto sentimentale di questo testo: ma c’è molto di più. C’è un testo politico, coraggioso, sui conflitti sociali, sulle discriminazioni. E me ne sono innamorato".
Protagonista è anche il mondo degli attori.
"Ho voluto raccontare il sottobosco degli attori che non lavorano, che aspettano la telefonata di una produzione, che accettano paghe miserrime. Anime perse, fragili. Personaggi cristallini, che cercano tutti i modi per farcela, per non arrendersi. Penso a tutti quelli che aspettano una risposta dopo il ‘le faremo sapere’. È un film sull’ansia dei giovani, sulla loro crisi".
A Sergio Castellitto ha dato il ruolo di un regista insopportabile, narciso e aggressivo.
"Sergio mi ha raccontato che ne ha incontrati parecchi, di registi così; anche più cattivi. Gli attori, specie ai provini, vengono massacrati".
Al cinema no?
"Un po’ di meno. Al cinema l’attore, paradossalmente, può non essere un fuoriclasse: il regista cinematografico scrive il film con la macchina da presa, il regista di teatro con la carne dell’attore. De Sica poteva rendere divo anche un disoccupato con la terza elementare, o un vecchio signore che non aveva mai fatto cinema. A teatro non è possibile".
L’attrice che ha scelto, però, di talento ne ha, eccome.
"Pilar ha un talento immenso, è la scintilla di tutto, ha istinto, umanità, dolcezza, intelligenza. Il film è lei".
La storia fa venire in mente celebri film di travestimenti: Tootsie con Hoffman, o Mrs. Doubtfire, o Victor Victoria…
"Che è, in effetti, un mio film di riferimento".
O anche Gwyneth Paltrow in Shakespeare in Love, per rimanere in tema shakespeariano.
"Ma sì. O anche, per chi ha la mia età, a Loretta Goggi nello sceneggiato La freccia nera. Tutto ritorna. Quello che mi interessa è che i raccontare i miei personaggi con amore".
Il regista teatrale che tenta l’ultimo spettacolo e litiga col critico non le ricorda un po’ Birdman con Michael Keaton?
"Ora che mi ci fa pensare, sì. Giuro che non ci avevo pensato".
Maurizio Lombardi è il compagno di Castellitto nel film. È la prima volta che lavorate insieme.
"E mi mangio le mani, se penso a quanti ruoli avrebbe potuto fare nei miei film. È pazzesco come tiene testa a un gigante come Castellitto. Ha umanità e presenza".
La canzone dei titoli di testa è cantata da una virtuosa della chitarra, Alessandra Tumolillo.
"Sono un suo fan da tempo: Alessandra ha una tecnica mostruosa, ma soprattutto ha un’anima cristallina".
Come definirebbe, in definitiva, Romeo è Giulietta?
"Una commedia, spero. Nel senso più profondo, quello che dava alla parola Monicelli. La commedia è come la vita, si ride e si piange. Un film sull’identità, su persone che non sanno più chi sono, e cercano di ritrovarsi".