Sabato 9 Novembre 2024
ELVIO GIUDICI
Magazine

Pollini, il pianista più grande. L’arte e il rigore della perfezione

Scomparso a Milano, a 82 anni. Una vita dedicata all’approfondimento della musica, tra la scena e la società

Pollini, il pianista più grande. L’arte e   il rigore della perfezione

Pollini, il pianista più grande. L’arte e il rigore della perfezione

Sempre difficile ripensare in poche righe la vita dei giganti: e Maurizio Pollini, gigante lo è senza alcun dubbio. Lo si capì subito, quando a diciott’anni vinse il concorso Chopin di Varsavia suonando uno degli Everest pianistici, tutti e quattro gli Studi di Chopin, facendo dire ad Artur Rubinstein che quel ragazzo suonava tecnicamente meglio di tutti loro. Celebre il suo ritirarsi dalle sale concertistiche subito dopo il concorso e l’immediata pubblicazione d’un’incisione chopiniana per la Emi che aveva ricevuto entusiastiche recensioni: perché riteneva di dover ancora approfondire il proprio repertorio. Che non fu mai estesissimo. Accanto ai pilastri di Beethoven, Schumann, Schubert, fin da subito s’affermò la sua assoluta convinzione di dover dedicare parte preponderante della propria vita artistica agli autori (Nono, Boulez, Stockhausen, Berio, Manzoni, Sciarrino, che scrissero anche espressamente per lui) come ideale prosecuzione di quelli dell’amatissima Scuola di Vienna – Webern Schönberg Berg.

Se si volesse riassumere in un sostantivo l’orientamento artistico di Pollini, a me viene in mente soprattutto il rigore. Rigore nella perfezione assoluta, maniacale, con cui rendere il segno scritto, sicché la costruzione formale splendeva nelle sue esecuzioni, nitida come forse in nessun altro, anche a costo di mettere in secondo piano la pura bellezza del suono. Ma rigore anche nel suo modo di concepire la propria vita artistica: "privilegio assolutamente quelle composizioni che per nessuna ragione al mondo possono darmi un attimo di mancanza d’entusiasmo, pezzi con cui devo avere un rapporto permanente".

E rigorosissime erano anche le sue prese di posizione nell’ambito della vita sociale e politica, in una Milano che dal Sessantotto in poi visse anni oltremodo difficili: chiarissime le sue convinzioni fin dalla piena adesione al “concerto antifascista” voluto alla Scala da Grassi e Abbado; alla celeberrima dichiarazione contro la guerra del Vietnam che intendeva fare prima d’un concerto alla Società del Quartetto (che tale concerto sospese, in mezzo a un parapiglia che ben mi ricordo, al pari del suo viso impassibile di fronte a una platea tumultuante tutta compatta nel dissenso); alla sua assidua partecipazione sia ai concerti che Abbado e l’orchestra scaligera portarono nei più diversi luoghi di lavoro, sia nei celebri “concerti per lavoratori e studenti” voluti da Grassi alla Scala con biglietto a 1000 lire. Era capace anche di sacrosanti e mirati dispetti, Pollini, come quando a Salisburgo (dove andava ogni anno a partire dal ’73), in un recital in cui aveva visto uscire parecchia gente dopo un brano di Stockhausen, fece non ricordo se sei o sette bis tutti – e nessuno troppo corto – di Chopin.

Sempre nell’ottica della sua maniacale ricerca perfezionistica, credo, va ricercata la sporadica partecipazione alla cameristica: col Quartetto Italiano (un Brahms memorabile) o la prosecuzione della celebre serata salisburghese – restata unica – in cui accompagnò Dietrich Fischer-Dieskau nella Winterreise di Schubert; nonché la sua unica – ma per me interessantissima e rivelatrice – incursione nell’opera, quando nell’81 diresse a Pesaro la rossiniana Donna del lago. Stessa ottica che invece lo indusse a organizzare il famoso “Progetto Pollini” a Salisburgo e poi a New York, collage di classicismo e contemporaneità, affiancato da grandi solisti.

Una vita artistica e privata, dunque, all’insegna della più assoluta coerenza, di conserva al continuo, certosino approfondimento degli autori coi quali s’è identificato come raramente è accaduto per un artista. "Scomparso", si suol dire a caldo in questi tristi casi. Ma i Pollini non scompaiono: le sue fortunatamente molte incisioni, ufficiali e non, lo consegnano e lo faranno rimanere in eterno tra i massimi della cultura musicale d’ogni tempo.