Giovedì 18 Aprile 2024

Nenni, rinasce il libro dal rogo di Goebbels

Esce in versione completa “Agonia della libertà“ scritto nel ’30 dal leader socialista: una raccolta di articoli, con Mussolini visto da vicino

di Francesco Ghidetti

Anni terribili. Anni di violenza cieca e sorda. Anni di caos. Anni che hanno il loro culmine nel 1933. Adolf Hitler prende il potere in Germania. L’Europa è preda di dittature che, pochi anni dopo, nel 1939, faranno precipitare il mondo nella Seconda guerra mondiale. Ma torniamo al 1933. Il 10 maggio è un giorno simbolico. Su ordine di Joseph Goebbels, vengono bruciati nelle piazze tedesche, 50mila libri. I nazisti si eccitano davanti al fuoco. Bevono. Mangiano salsicce. E le pagine di Einstein, Joyce, Musil, Kafka, Freud e tanti altri “pericolosi“ intellettuali finiscono in cenere. Tra questi anche un volume del leader socialista Pietro Nenni, Todeskampf der Freiheit (Agonia della libertà), già stampato in Francia (dove Nenni era andato in esilio nel 1926 per sfuggire alle persecuzioni fasciste) nel 1930 e che ora, dopo un’edizione del 1945, viene (lodevolmente) riproposto in versione completa dalla Fondazione Nenni per Arcadia edizioni.

Sei anni di guerra civile in Italia è il titolo di un libro frutto di un’intensa attività pubblicistica (Nenni era giornalista di prim’ordine) che il Nostro condusse dal 1929 sul francese Le Soir e che aveva avuto straordinario successo. Come nota Fabio Martini nell’Introduzione, gli articoli del politico socialista avevano aiutato il giornale "a raggiungere tirature inaudite e in alcuni casi persino a decuplicare le vendite". Ma guai a pensare a un dotto saggio di politica e storia. Siamo invece di fronte a un vero e proprio "romanzo popolare" che narra l’ascesa di Mussolini, l’ex socialista Mussolini e del fascismo. Un romanzo carico di pathos che denuncia non solo le malefatte delle camicie nere, ma anche le debolezze e gli errori madornali della sinistra, divisa e incapace di comprendere l’entità del pericolo fascista.

Anche Antonio Tedesco, direttore scientifico della Fondazione Pietro Nenni, mette l’accento sul fatto che il libro è frutto di articoli "scomodi per Mussolini che si specchia nella sua giovinezza, nei suoi trascorsi contraddittori".

Già, il futuro Duce che Nenni ben conosceva, avendo militato nel Partito socialista nelle incendiarie terre di Romagna. Anche in galera, giocando a carte e confrontandosi appassionatamente sui testi di Sorel: "Mussolini – scrive Nenni – non era un feticista del marxismo. Socialista d’istinto e per una sorte di tradizione familiare era innanzitutto un ribelle". E ancora: "Il futuro dittatore d’Italia conduceva allora una vita semplice e poverissima. Lo si incontrava sovente a bighellonare solitario per la campagna, lo consideravano un pazzoide. Qualcuno lo aveva soprannominato addirittura “il matto“". Ma poi le cose cambiano e la Storia muta il suo corso.

Nenni racconta il “biennio rosso“ con intense pennellate letterarie; la reazione degli agrari che armano i fascisti; le violenze ai danni degli operai; la scissione di Livorno del 1921; la marcia su Roma; il delitto Matteotti: l’illusione che il fascismo abbia commesso il fatale passo falso; la diaspora della sinistra; il dolore dell’esilio e mille altre cose ancora.

Un romanzo scritto da un giornalista dalla prosa scarna, essenziale, che emoziona. Come in queste parole: "L’Italia è oggi un’immensa prigione davanti alla quale monta la guardia la milizia fascista, esercito partigiano agli ordini di Mussolini".

Ma sia chiaro: Nenni non si sente sconfitto. Prevede che la riscossa arriverà. E smacchierà l’Italia di quel nero che la soffoca. Sì, decisamente Goebbels aveva capito perché quel libro andava bruciato. Troppo pericoloso...

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