Lunedì 7 Ottobre 2024
ANDREA MARTINI
Magazine

Il TotoLeone della Mostra di Venezia, Almodóvar è il capolavoro: l’Italia punta su Amelio. Le pagelle

In un concorso appesantito da pellicole prive di energia spiccano Pedro, Mouret. E gli attori: Jolie-Callas, il Craig di Guadagnino, Tilda Swinton, Nicole Kidman

Il regista Pedro Almodovar a Venezia tra le attrici Tilda Swinton e Julianne Moore (Ansa)

Il regista Pedro Almodovar a Venezia tra le attrici Tilda Swinton e Julianne Moore (Ansa)

Venezia, 7 settembre 2024 – Mai come quest’anno l’assegnazione dei Leoni alla Mostra del cinema di Venezia è imprevedibile. Nella giuria sono presenti, oltre a Isabelle Huppert, presidente volitiva a cui per riconosciuto talento è permesso d’essere anche bizzosa, ben cinque registi (Gray, Tornatore, Sissoko, Holland e Mendonça Filho) ossia altrettante idee di cinema difficilmente collimanti. Se la ragione comanda in una selezione sfortunata, senza sorprese e con molte delusioni, ad avere diritto al Leone d’oro c’è solo Almodovar (La stanza accanto). Alcuni film sono apparsi frutto di una pesca a strascico anziché di una scelta meditata. Troppe pellicole prive di energia hanno appesantito il Concorso quando si sa che film incompiuti ma veri sono meglio di confezioni inerti.

Per l’onere di ospitalità un premio potrebbe illuminare per un attimo il nostro cinema. I film italiani in competizione (Amelio a parte) non hanno convinto ma la logica è talvolta una componente minoritaria nel vaglio.

Sorprende non poco che non partecipasse alla gara ‘Il tempo che ci vuole’ di Francesca Comencini, un’opera che sa trasformate un racconto privato, e spesso molto intimo, in una narrazione avvincente, toccante, in grado di coinvolgere lo spettatore pur privo di qualsiasi conoscenza della vicenda familiare. Il rapporto figlia-padre (Francesca ragazza e donna prima che autrice con il padre regista Luigi) è rappresentato negli affetti, nelle contrapposizioni e infine nella dolcezza della riappropriazione, tarda ma non tardiva, con una precisione drammaturgica e visiva stupefacenti. Il rapporto assoluto tra le due identità, astratte dalla numerosa famiglia, facilita la comprensione rendendo possibile lo sviluppo di una dinamica altrimenti ridotta nell’intensità. Naturalmente parlare del padre per Francesca Comencini è parlare di cinema, di quella macchina magica che ha conosciuto da bambina sul set di Pinocchio e che ha più tardi dovuto e voluto fare sua. Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano sono parte integrante della riuscita come sempre accade quando la sensibilità degli interpreti si aggiunge alla complessità dei personaggi. È possibile che gli spettatori siano più accorti dei selezionatori veneziani.

‘Maria’ di Pablo Larraìn

Ultima settimana di vita della Callas in compagnia dei domestici dei farmaci e dei ricordi.

Nell’appartamento parigino si consuma la maestosità del mito. Larraìn a suo agio con le icone femminili e Angelina Jolie con i tormenti del tramonto. Voto 7

‘Trois amies’ di Emmanuel Mouret

Tre figure femminili complici e confidenti, tra innamoramenti, delusioni, lutti e speranze. Intrecci all’insegna del romanzesco quotidiano raccontati con il tocco leggero ma con impressionante verità. Melanconia cechoviana. Voto 8

‘The Brutalist’ di Brady Corbet

Oltre tre ore in VistaVision per un film solo monumentale. Un architetto ungherese emigrato in Usa impegnato in un maestoso progetto dalla folle visionarietà. Identità ebraica, sogno americano, integrità artistica. Inerte a dispetto dell’ambizione. Voto 5

‘Campo di battaglia’ di Gianni Amelio

Grande Guerra: due ufficiali medici in un ospedale militare contrapposti. Rinviare in trincea i feriti o aiutarli a tornare casa? La ragion di stato contro il diritto alla sopravvivenza. Il dilemma morale di ogni conflitto messo in scena con lucidità. Voto 7

‘Joker: Folie à deux’ di Todd Phillips

Dopo cinque anni torna Joker. Nonostante Joaquin Phoenix l’antieroe moderno che avevamo tanto amato affonda in un imbroglio romantico appena nascosto in un musical grondante gorgheggi melodici a favore della star Lady Gaga. Voto 6

‘Babygirl’ di Halina Reijn

Le fantasie di una manager di successo realizzate in coppia con uno scaltro stagista abile nello scorgerne il desiderio di sottomissione. Dietro giochi di sesso e potere l’aperta rivendicazione del piacere femminile. Kidman da lode. Voto 6

‘The Order’ di Justin Kurzel

Fine anni Ottanta nell’Ovest più povero: rapine e assassinii di suprematisti bianchi pieni di rancore. Solo un coraggioso federale dai dolorosi trascorsi sa scovarli. Film di genere e d’autore in cui il passato dialoga con l’oggi. Voto 6

‘El Jockey’ di Luis Ortega

Un fantino è costretto a vincere una gara per sopravvivere. Si schianta contro la staccionata e ferito vaga per la città, inseguito da una fidanzata incinta e da un gangster. Sotto l’aspetto di poliziesco un racconto eccentrico ed elegante. Voto 7

‘Io sono ancora qui’ di Walter Salles

Anni ’70. Salles racconta con sobrietà la vicenda vera della moglie e dei figli di un ingegnere brasiliano fatto scomparire dalla dittatura militare. Fernanda Torres, attrice esemplare, rende esente da retorica una memoria tragica. Voto 7

‘Vermiglio’ di Maura Delpero

La famiglia del maestro in un villaggio delle montagne trentine nell’ultimo anno di guerra osservata con sguardo affettuoso. Il quotidiano alpestre non esclude momenti drammatici. Le vette del cinema di Olmi restano da scalare. Voto 5

‘Leurs enfants après eux’ di Ludovic e Zoran Boukherma

Anni ’90, in un borgo del nord-est francese in via di impoverimento postindustriale i turbamenti dell’adolescenza s’intrecciano con il disfacimento familiare e la difficile integrazione. Melodramma socio generazionale sovraccarico. Voto 6

‘Stranger eyes’ di Yeo Siew Hua

Singapore. Una bambina scompare, i genitori la cercano, uno stalker si mette di mezzo. Nel dramma familiare si nasconde l’allarme per i guasti della sorveglianza diffusa. Tutti guardano, tutti sono osservati. Raffinato thriller sulla vita degli altri. Voto 7

‘Harvest’ di Athina Rachel Tsangari

Contadini invasati e violenti e proprietari senza scrupoli in un immaginario villaggio scozzese del XVII° secolo. Altezzoso, esasperante, soporifero racconto che annuncia con inutile prosopopea una perniciosa rivoluzione agricola. Voto 3

‘La stanza accanto’ di Pedro Almodovar

Scrittrice di successo accompagna una vecchia amica giornalista nel viaggio eutanasiaco.

Splendido trattenuto melodramma dai colori tenui del crepuscolo impreziosito dalla presenza di Juliane Moore e Tilda Swinton. Voto 9

‘Love’ di Dag Johan Haugenrud

Oslo. Una dottoressa etero e un infermiere gay quotidiani colleghi di lavoro s’incontrano in un ferry del golfo. Entrambi cercano intimità oltre i limiti di relazioni convenzionali. Logorroica esplorazione della sessualità senza veli. Voto 4

‘Queer’ di Luca Guadagnino

Da Burroughs. Mexico city anni ’50, molta tequila e molti oppiacei. Craig è l’americano indolente. ossessionato dalla passione per un giovane sfuggente. Molti amplessi, molte sequenze oniriche Ben orchestrato ma senza ispirazione. Voto 6

‘Iddu’ di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

Cinema astratto, personaggi stereotipati. La latitanza di uno svogliato Matteo Messina Denaro raccontata con sarcasmo. Pizzini e ricatti di paese in un gioco delle parti pirandelliano. I colori del grottesco e un Servillo istrionico non bastano. Voto 5

‘Jouer avec le feu’ di Delphine e Muriel Coulin

Ferroviere vedovo cinquantenne con due figli vede divaricare i loro destini. Studi classici per uno, fascino della violenza per l’altro. Storia d’amore familiare tradito, padre dilaniato. Vincent Lindon sa sempre come far partecipare lo spettatore. Voto 7

‘Diva Futura’ di Giulia Louise Steigerwalt

Il sogno infranto di Riccardo Schicchi, visionario, infantile ma diabolico, sfortunato. La sua vicenda come emblema della rivoluzione del costume anni ’80, la sua agenzia come casa madre per dive sbandate. Senza forma, occasione mancata. Voto 5

‘April’ di Dea Kulumbegashvili

Georgia. Dottoressa nei guai per aver mal gestito un parto causando la morte del nascituro è sospettata di praticare aborti clandestini. Il patriarcato come opprimente forma culturale. Esasperazioni formali rendono indigesto il racconto. Voto 4

‘Youth (Homecoming)’ di Wang Bing

Il più grande documentarista cinese torna a Zhili la città dove migliaia di stagionali lavorano nelle fabbriche tessili in condizioni penose. Il nuovo capitolo entra nelle esistenze di alcuni lavoratori senza speranza. Continua il viaggio nella Cina nascosta. Voto 6