Martedì 30 Aprile 2024

Marini, l’architetto che libera le lettere dalle parole

Dell’alfabeto spogliato di significato, rimane la bellezza: "Non solo tracce necessarie per la scrittura, ma anche per alimentare la fantasia"

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Una mostra che profuma di libertà e, non caso, si chiama Lettere liberate. Non costrette a comporre parole, non ancorate a una dimensione linguistica tesa a produrre significato. Solo bellezza. Arriva al Santa Maria della Scala, a Siena, la mostra Di segni e di sogni di Lorenzo Marini, che rimarrà da domani al 20 ottobre (aperta tutti i giorni, dalle 10 alle 19). Un viaggio onirico, che riporta le lettere alla loro forma, come sospese in un tempo in cui non sono ancora linguaggio. E itinerante, attraverso una serie di installazioni che si completa in Piazza del Campo con un vero e proprio alfabeto scomposto, fatto di trentacinque ‘type’ circolari. Un’opera attraversabile e percorribile, che si completa con il pubblico, non più soltanto spettatore ma parte attiva della composizione.

"Siena è una città unica al mondo – racconta Marini – e una cornice culturale dove l’importanza della tradizione viene celebrata per contrasto da un linguaggio così innovativo e sperimentale. Per me le lettere sono nate libere e come gli uomini sono creature sociali ma anche individuali. Non sono necessarie solo per leggere o per scrivere, ma anche per alimentare la fantasia".

Marini vive tra Milano, Los Angeles e New York. Architetto, trent’anni nel mondo della pubblicità, nel 2016 arriva per lui l’intuizione che lo porta l’anno successivo al Manifesto per la liberazione delle lettere, che attraverso le sue opere pittoriche ne fa il caposcuola di un nuovo linguaggio artistico.

Un secolo dopo quel Manifesto tecnico della letteratura futurista, con il quale nel 1912 Filippo Tommaso Marinetti propose la libertà delle parole dai loro ‘ormeggi sintattici’ e dalla ‘tirannia del linguaggio’, Marini con la sua ‘Type Art’ propone un passo successivo e libera le stesse lettere. "L’unione delle lettere – spiega il curatore della mostra, Luca Beatrice – forma parole, dunque significati che mutano a seconda dell’idioma. All’origine però sono segni, immagini. Su questo concetto apparentemente semplice, eppure fondativo nella storia dei linguaggi, lavora Lorenzo Marini".

Riccardo Bruni

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