Martedì 30 Aprile 2024

L’utopia della Comune riaccende Parigi

A 150 anni di distanza le passioni non si spengono. Per la sinistra è un punto di riferimento, per la destra "il governo del terrore"

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di Giovanni Serafini

Centocinquanta anni dopo le braci sono ancora accese. Il mito libertario e il sogno della democrazia diretta che animarono la Comune di Parigi restano vivi nel cuore della gauche, non certo in quello della destra che vede in quel periodo, per citare lo storico Jean Sévilia, "l’assalto di un potere che regnò all’insegna del terrore".

Bisogna forse partire proprio da lì, da quella rivolta esplosa il 18 marzo 1871 e finita in un bagno di sangue 72 giorni più tardi (20 mila communards trucidati e fucilati), per capire da dove vengono il Sessantotto, i gilet gialli, gli scioperi a oltranza che periodicamente paralizzano il paese, in una parola le pulsioni anarchiche e rivoluzionarie che si annidano nel cuore della Francia.

C’è tutto in quelle nove settimane di passione: la violenza e il coraggio, le conquiste sociali e l’incoscienza, l’eroismo e la viltà. "La Comune rappresenta un momento essenziale della nostra storia, l’esperienza unica di un progetto politico moderno, quello di una Repubblica democratica e sociale che fa eco a molte delle nostre aspirazioni. Noi ci riconosciamo completamente in questi valori", commenta Laurence Patrice, vicesindaco socialista di Parigi. Ed elenca le conquiste realizzate in tempi record: l’eguaglianza dei salari uomodonna, la concessione della cittadinanza francese agli stranieri, la requisizione degli alloggi per i senzatetto, il riconoscimento di unione libera tra uomo e donna anche senza il matrimonio, una scuola laica e gratuita per tutti…

La destra ovviamente non la vede allo stesso modo. "Non siamo d’accordo", ha replicato a Parigi in piena seduta del consiglio comunale Rudolph Granier, consigliere dei Républicains: "Commemorare sì, celebrare no. Non possiamo dimenticare i crimini che vennero commessi dagli insorti della Comune: incendiarono interi quartieri della capitale, l’Hotel de Ville, le Tuileries, Palais d’Orsay, Palais Royal, numerose sinagoghe. Assassinarono perfino i monaci dominicani che erano venuti a curare i feriti, fecero giustizia sommaria di sacerdoti, prigionieri e gendarmi".

Una seduta tumultuosa: la prova, secondo la storica Mathilde Larrère, che la memoria della Comune resta profondamente conflittuale. "Quel che più ci infastidisce – ha dichiarato Granier – è che la sindaca socialista Anne Hidalgo strumentalizzi una ricorrenza storica per rinsaldare un’alleanza fra socialisti, comunisti e Verdi in vista del suo progetto di candidatura alle presidenziali del 2022".

Imperturbabile, la Hidalgo ha annunciato per i prossimi giorni una serie di manifestazioni (mostre, conferenze, dibattiti a distanza) sotto l’egida del Comune. Resta il fatto che le interpretazioni sono da sempre opposte quando si parla della Comune: alla “leggenda rossa“ esaltata dalla sinistra si contrappone la “leggenda nera“ denunciata dai conservatori.

Ammirata da Marx ed Engels, è stata vista dai comunisti come la prima rivoluzione moderna, annunciatrice di quella dell’ottobre 1917 in Russia. I socialisti a loro volta ne hanno rivendicato l’eredità con riferimento al Fronte Popolare. Gli anarchici e la sinistra radicale la citano come proprio referente. L’estrema destra ne ha elogiato la "dimensione patriottica".

A scatenare la rivolta di Parigi fu l’umiliante capitolazione di Napoleone III il 2 settembre 1871 a Sedan, sconfitto dall’esercito prussiano. Il 4 venne proclamata la Repubblica e nominato un governo di Difesa nazionale che decise di continuare la guerra nonostante l’assedio della città. La popolazione – quasi due milioni di persone – soffriva enormemente. Era affamata, mangiava i cani, i gatti, i piccioni, anche i topi. La decisione del presidente Thiers di schierare i cannoni davanti alle colline di Montmartre e Belleville per "annientare i rossi" che iniziavano a organizzarsi diede fuoco alle polveri. In tutta la città vennero innalzate le barricate.

Migliaia di soldati fraternizzarono con gli insorti e Thiers dovette rifugiarsi a Versailles. Un consiglio rivoluzionario s’installò all’Hotel de Ville e prese i poteri. Durò fino al 28 maggio, quando l’esercito riprese la città e stroncò nel sangue la rivolta. Su migliaia di cadaveri e sul sogno fallito della Comune scese per sempre il sipario.

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