Sabato 9 Novembre 2024
ANNA MANGIAROTTI
Magazine

L’Italia che rinasceva. Nostalgia Sanremo

A Torino la mostra fotografica “Non ha l’età“. Fra palco e dietro le quinte, gli scatti in bianco e nero di una manifestazione simbolo

L’Italia che rinasceva. Nostalgia Sanremo

L’Italia che rinasceva. Nostalgia Sanremo

Tornati i giovani a interessarsi al Festival di Sanremo, la mostra, ieri inaugurata invitando anche il pubblico, oltre alle autorità, nelle sontuose Gallerie d’Italia a Torino, visitabile fino al 12 maggio, può titolare: Non ha l’età. Il Festival di Sanremo in bianco e nero 1951-1976. A cura di Aldo Grasso. Il noto fustigatore di quel che professionalmente osserva ogni giorno sugli schermi televisivi, per l’occasione ci concede però un benevolo pronostico. Se la sedicenne Gigliola Cinquetti incantava pubblico e giuria, nel 1964, con Non ho l’età (per amarti), oggi come possiamo completare l’incipit dell’esposizione? "Non ha l’età, per fermarsi, l’ultrasettantenne ma ringiovanito Festival". Sempre più cerimonia, d’accordo, e meno festival. Ma sempre vissuto come una delle date in calendario in cui si cerca di ritrovare la gioia del vivere.

Nel 1951, a cercarla, era l’Italia povera e sconfitta. E l’idea, straordinaria, maturata nella sede Rai di Torino, dove avvenivano le prove della manifestazione canora prima di portarla al Casinò di Sanremo, fu di trasmetterla alla radio. Mentre le famiglie erano riunite a cena. Così, l’anno successivo, tutti a cantare "Vola colomba bianca vola..." A intuire che stava nascendo una leggenda, più che i giornalisti, furono i fotoreporter dell’Agenzia Publifoto. E negli anni considerati in mostra – quando il Festival, non ancora trasferito definitivamente al Teatro Ariston, è ospitato nel Casinò, finché il nuovo capo dei vigili del fuoco osserva che lì non ci sono uscite di sicurezza, e la proibisce – scattano 15.500 fotografie: "Ne esponiamo ora 85. Ma 15.300 le abbiamo digitalizzate e sono consultabili on line sul sito dell’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo (https://asisp.intesasanpaolo.com)" assicura Barbara Costa.

Dell’Archivio Publifoto (oltre sette milioni di immagini, acquisite appunto da Intesa Sanpaolo nel 2015) lei è responsabile. Perciò possiamo chiederle lo scatto che più l’ha emozionata tra quelli selezionati per la mostra. "Non c’è. E neppure l’abbiamo ancora pubblicato. Raffigura le scarpe di Luigi Tenco all’obitorio, dove Publifoto arriva per prima". Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967, nella stanza 219 dell’Hotel Savoy, è trovato senza vita il corpo del cantautore, che quella sera ha cantato, in gara con Dalida, Ciao amore, ciao.

Alle Gallerie, però, non manca, ed emoziona, un ritratto dei due, scattato da Nicola Giordano: sorride malinconica la cantante allora più amata dai francesi; il fumo della sigaretta incomincia a nascondere il volto di lui. Ha ragione Grasso a far notare che il Festival "finisce" con quel suicidio: "Il fatto traumatico non è gestito bene. Andreotti dice che la manifestazione deve andare avanti comunque". Certo, non sono solo canzonette. Tralasciando le trite metafore come "specchio della società", Il Festival è pur sempre "un luogo della memoria".

E, come in un album di famiglia, la mostra torinese, a parte poche immagini delle esibizioni degli artisti sul palco, permette di sfogliare tanti “fuori scena“: Mina dal coiffeur, 1961; Tony Renis in arrivo nel 1964 da Pistoia, dove sta svolgendo il servizio militare, con una licenza straordinaria firmata dal solito Andreotti (allora ministro della Difesa); Raimondo Vianello che si prende a cazzotti con il pugile Giulio Rinaldi, 1962; Adriano Celentano, posa da irresistibile seduttore, ma sorvegliato da Claudia Mori, sul lungomare del 1970. La signora pare guardinga, il marito nel 1961 ha cantato 24.000 baci e ha fatto scandalo voltando le spalle al pubblico (foto scelta per la copertina del catalogo), ma soprattutto incendiando non solo il Festival con un inno all’amore fisico, chissà come sfuggito alla severissima censura; forse ai censori aveva ricordato le migliaia e migliaia di baci del latino Catullo.