di Beatrice Bertuccioli
Una madre e una figlia coraggio, Lea Garofalo e sua figlia Denise. Ma non solo loro, altre donne coraggiose rimaste nell’ombra. "Era necessario e giusto dare voce a queste protagoniste invisibili", dice Elisa Amoruso che firma con Julian Jarrold The Good Mothers, sei episodi disponibili da oggi in tutta Europa su Disney+, basato sull’omonimo bestseller del giornalista Alex Perry. La serie, che si fregia del primo Berlinale Series Award, racconta, tra realtà e finzione, la storia di donne che si sono ribellate alla ‘ndrangheta, a cominciare da Lea Garofalo (Micaela Ramazzotti), uccisa nel 2009 dal marito Carlo Cosco (Francesco Colella) contro il quale aveva testimoniato, dalla loro figlia Denise (Gaia Girace, la Lila de L’amica geniale), e ancora Giuseppina Pesce (Valentina Bellè) e Concetta Cacciolla (Simona Distefano).
Quando nel 2010 il sostituto procuratore Anna Colace (Barbara Chicchiarelli) arriva a Reggio Calabria, intuisce che le donne possono rappresentare una sorta di cavallo di Troia per colpire la ‘ndrangheta.
"Sono rimasta molto colpita dalla descrizione che Perry fa della condizione delle donne, mi sembrava lontana secoli. Racconta nel dettaglio la vita delle nostre protagoniste – racconta Elisa Amoruso – di cui conoscevo solo Lea Garofalo: donne sposate con uomini non scelti da loro, mariti che finivano spesso in carcere, per cui loro si ritrovavano da sole a crescere figli avuti verso i 15-16 anni".
Dice Micaela Ramazzotti: "Sono orgogliosa di avere interpretato un personaggio straordinario come Lea Garofalo che è riuscita a trasmettere i suoi valori e il suo coraggio alla figlia, che ha avuto la forza di testimoniare contro il padre. Ce l’ha messa tutta per scappare, per avere una vita diversa insieme a sua figlia, ma purtroppo non ce l’ha fatta. Questa serie è potentissima e spero dia il coraggio a tanta gente di ribellarsi alla violenza, a certi ambienti feroci dove nascono e crescono".
Registi e attrici non hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con le vere protagoniste della storia perché vivono tuttora sotto protezione e, per la stessa ragione, non è stato possibile mostrare loro la serie. Che è stata girata in Calabria ma non esattamente nel paese di Lea Garofalo. Racconta la sua esperienza in Calabria Valentina Bellè: "Mi è capitato di parlare con un gruppo di persone che quando hanno sentito la parola ‘ndrangheta, hanno detto, ancora con ‘sta storia? La ‘ndrangheta non esiste. Poi, però, si sono lamentati che nel loro paese non c’erano nemmeno il prete e il sindaco, che erano stati abbandonati. Allora mi è venuto spontaneo pensare che questa risposta viene data dove lo Stato non c’è".
Sottolinea Simona Chicchiarelli: "La ‘ndrangheta non va confinata in Calabria, sta anche in Valle d’Aosta e in tutto il mondo, e in questo consiste la grande forza di questa serie". Una serie che arriverà in 75 paesi. "In una storia così, ci si possono riconoscere anche le donne iraniane – afferma Elisa Amoruso – e comunque tutte le donne in lotta contro il patriarcato. È davvero una storia universale".