Venerdì 8 Novembre 2024

Le missioni impossibili di Cia la guerriera

Quando Rita Coruzzi era studentessa, di liceo classico e del corso di laurea in Lettere, non amava per niente la...

Le missioni impossibili di Cia la guerriera

Le missioni impossibili di Cia la guerriera

Quando Rita Coruzzi era studentessa, di liceo classico e del corso di laurea in Lettere, non amava per niente la storia: "Mi sembrava un’accozzaglia di numeri e date". Oggi, a 37 anni, della ricerca storica e della ricostruzione delle biografie di donne ’guerriere’ del passato ha fatto una ragione di vita: "La loro biografia da vicenda personale è diventata uno snodo della storia con la S maiuscola e in loro mi rispecchio al punto da non distinguere dove inizio io e finiscono loro e viceversa".

Affetta da tetraparesi dall’età di dieci anni dopo un intervento chirurgico non riuscito, la scrittrice reggiana proietta infatti la sua indomita voglia di lottare sulle donne straordinarie che dipinge in libri ricchi di pathos, sogni infranti, capacità di rinascere dalle proprie ceneri. Come succede a Cia degli Ordelaffi, protagonista de ’L’impavida’ (Piemme Edizioni). L’incontro con Marzia degli Ubaldini, detta Cia, andata in sposa al signore di Forlì e Cesena Francesco degli Ordelaffi, è avvenuto grazie al suggerimento di una sua lettrice, Simona Mazzotti, "che mi ha fatto scoprire un’eroina coi tratti di un’araba fenice, in grado di ricostruirsi anche dopo una sconfitta".

Chi era Cia?

"Una donna d’armi, addestrata a fare la guerra e mandata sposa, con matrimonio ovviamente combinato, a un guerriero. Che però è diventato un marito amato con cui portare avanti la missione, forse utopistica, di combattere il potere temporale della Chiesa quando papa Innocenzo VI decise, dalla cattività avignonese, di lanciare la riconquista delle terre pontificie d’Emilia e Marca".

Una lotta giusta e condivisibile?

"Io sono credente ma come loro tengo separato l’aspetto spirituale da quello politico riconoscendo che la Chiesa non è stata un modello di virtù e libertà. Così ho accompagnato questa coppia piangendo, combattendo con loro, lottando per gli ideali giusti per i quali si sono sacrificati".

E’ da considerarsi una femminista ante-litteram?

"Per il suo tempo sì. Aveva coraggio e volontà d’imporsi in un mondo dominato dagli uomini che non trattavano mai le donne, nemmeno quelle di potere, da pari a pari. Matilde di Canossa che pure credeva nella Chiesa che fondò Gesù e rimproverava le abitudini troppo laiche dei sacerdoti, veniva zittita perché donna. Idem Cia che viene sottovalutata dal Papa e dal cardinale Albornoz che rifondò materialmente la Stato della Chiesa, anche se poi quando se la ritrovarono davanti alla testa delle sue truppe....".

Oggi che destino avrebbe Cia?

"Beh, la storia è ciclica, si ripete pur nel cambiamento dei tempi e non è magistra vitae come vorrebbe Cicerone perché l’uomo in genere nega che dal passato possa venire qualche insegnamento. Cia si è trovata il papa invasore in casa e pure una sua spia che però fingeva d’amarla per poi tradirla e ordinare la morte del figlio avuto da Francesco. E lei, donna impavida e all’apparenza non toccata dalle emozioni, si è scoperta vulnerabile e nessuno, a partire dal marito, ha capito questa fragilità. La coppia si è incrinata anche per le false voci che volevano lo stesso Francesco mandante del killer del figlio".

Cosa ci lascia in eredità la sua storia?

"L’idea che in ognuno di noi c’è un impavido, che ognuno può trovare la forza di affrontare anche situazioni all’apparenza impossibili. Cia è stata sconfitta ma ha salvato la sua persona, ha capito di non essere una donna qualunque e di non aver sprecato neppure un giorno della sua vita".

Lorella Bolelli