Tra i big che tra pochi giorni entreranno in gara a Sanremo ci sono solo nove donne, 10 con Angela Brambati dei Ricchi e Poveri. E una ricerca dell’associazione Equally ha rivelato che dal 1950 al 2022 le cantanti hanno rappresentato solo il 5,9% del totale. "Ma nel 1951 vinse Nilla Pizzi in un’edizione d’esordio che annoverava lei, il duo Fasano, tutto femminile e il solo Achille Togliani in rappresentanza del sesso maschile. E tuttora è donna la detentrice del maggiori numero di vittorie, Iva Zanicchi, mentre resterà negli annali come un unicum Gilda, oggi albergatrice a Torino, che nel ’75 s’impose con un brano di cui lei stessa era unica autrice", annotano Marco Rettani e Nico Donvito, autori di ’Ho vinto il Festival di Sanremo - Storie di vita e di musica raccontate da chi il Festival lo ha vinto’ (La Bussola edizioni, 424 pagine, 25 euro, prefazione di Amadeus), un racconto di vita e di storia del Paese attraverso trenta interviste senza censure, sincere fino alla confessione, ad altrettanti artisti che si sono imposti alla kermesse canora, da Diodato a Tony Dallara, in un percorso a ritroso "che ha voluto approdare a un passato totalmente diverso ma affascinante soprattutto per noi che siamo nati l’uno nel 1963 e l’altro nel 1986 e quindi non abbiamo ricordi diretti del dopoguerra".
Rigettata la tesi del patriarcato ("la scelta parte anche da una base di grandi nomi che sono più maschi che femmine" – come dimostra l’assenza di artiste nei primi dieci dischi della Top Album 2023 e la presenza di solo due nella Top 10 singoli) – Rettani indica anche come siano state tre donne ad aver infiammato l’immaginario collettivo lasciando profondi strascichi storico-culturali dietro di loro: "Patty Pravo ha rappresentato la ribellione, il testimone da icona è poi stato raccolto da Anna Oxa che ha trionfato nell’89 e nel ’99 ma era spasmodicamente attesa soprattutto per i suoi look, infine Elodie che a sua volta incolla gli spettatori al video in attesa di vedere come scenderà le famose scale più ancora di sapere cosa interpreterà".
E anche per questo 2024 l’augurio del discografico e del giornalista che avevano già collaborato alla stesura di ’Canzoni nel cassetto’ è che a primeggiare sia una donna: "Le favoritissime sono Annalisa e Alessandra Amoroso a rinverdire l’ultimo successo femminile di dieci anni fa, quello di Arisa". Ma esiste la formula perfetta per sfondare tra pubblico e critica? "Vincere – osserva Donvito – dipende da una somma di fattori che vanno dal regolamento al modo di votare (la potenza del televoto introdotto nel 2004 ha indubbiamente spinto la generazione di chi è uscito dai talent come Marco Carta, Valerio Scanu, Emma, Mengoni), al momento storico in cui la manifestazione si tiene. Quando nel ’91 scoppiò la guerra del Golfo o nel 2003 quando c’era nell’aria l’invasione dell’Iraq il clima era cupo e furono preferite canzoni meno allegre, più intimiste – vinse Cocciante con ’Se stiamo insieme’ –, Masini parlava di droga in ’Perché lo fai’. A loro volta gli autori s’ispirano alla cronaca. ’Signor tenente’ del ’94 arriva dopo le stragi di mafia del ’93 che costarono la vita a Falcone e Borsellino. Gli attentati terroristici del 2017 in Spagna e a Londra riverberano in ’Non mi avete fatto niente’ di Fabrizio Moro ed Ermal Meta che sono primi nel 2018 alla 68ª edizione".
Ma qual è in assoluto l’edizione cult? Rettani: "Come produttore e manager dico quella del 2019 che segnò il mio esordio come autore del brano ’Un po’ come la vita’ portato senza successo (21° il piazzamento finale) da Patty Pravo e Briga. Mentre se parliamo di canzoni del cuore cito i vincitori del ’77, gli Homo Sapiens con ’Bella da morire’. Fu il festival dei gruppi, un po’ sottotono tanto che il vincitore non fu nemmeno annunciato in diretta e a Mike Bongiorno fu tolto il collegamento per darlo al Telegiornale. Ma fu il primo tenuto all’Ariston e soprattutto il primo trasmesso a colori. Questo spartiacque me lo rende indelebile".
Lorella Bolelli