
“Consumare i luoghi: overtourism ed ecologia“: la lezione della ricercatrice Sarah Gainsforth domani al festival “Dialoghi di Pistoia“
Che la si definisca città bancomat, merce o imprenditoriale poco cambia. Perché all’origine di quegli appellativi c’è un elemento: il denaro. Allora finisce che tutto in quella città di cui sopra ha un prezzo, anche ciò che avresti mai detto essere in vendita. Una piazza, un tramonto. "Questo non è un modello produttivo. È semmai una pratica di estrazione di ricchezza dall’esistente. È l’ampliamento della sfera di mercato, con il turismo a rendere tutto commerciabile. In un crescendo che sta comportando costi sociali e ambientali insostenibili".
Casa, abitare e turismo sono pane quotidiano per la ricercatrice Sarah Gainsforth, argomenti attorno ai quali scrive, analizza e pubblica per alcune delle maggiori testate italiane e che raccoglie anche nei suoi libri. L’Italia senza casa. Politiche abitative per non morire di rendita (Laterza, 2025) è l’ultimo uscito, che sarà possibile ritrovare anche al festival “Dialoghi di Pistoia“ (domani domenica 25 maggio, ore 10 al teatro Bolognini).
Sarah Gainsforth: perché l’Italia è "senza casa"?
"La casa è diventata il cuore di un’economia fondata sulla rendita immobiliare e sui patrimoni. L’economia e il welfare personale sono così strettamente collegati all’aumento dei valori immobiliari da produrre in automatico l’esclusione di chi oggi non ha una casa. Il dato inedito oggi della crisi abitativa è che riguarda i lavoratori. Il che ci pone un’altra questione, quella dell’incoerenza fiscale, del sopravvivere lavorando, con il lavoro tassato più dell’immobiliare".
Cosa intende quando afferma: bisogna liberare suoli per trovare casa?
"Occorre superare la dipendenza delle economie urbane dall’edilizia. Le città non sono moneta di scambio, il pubblico deve indirizzare gli investimenti a beneficio di tutti. E invece in Italia ogni crisi economica alimenta l’edilizia. Bonus, 110. In un paese in calo demografico, pieno di case vuote".
Vivere in 9 metri quadrati: il diritto alla casa è altro, ma sembriamo tutti assuefatti…
"Tolti emergenza abitativa e sfratti, la qualità della vita è peggiorata. Stiamo tornando indietro. Siamo al “modello Milano“, coi privati che decidono sulle trasformazioni delle città a spese dei servizi. E allora nascono edifici piccoli e bui in cortili interni. Case pensate non per essere abitate, ma per essere veicoli finanziari. C’è una rassegnazione al fatto che vivremo in città più brutte".
Tipico carosello social: "Le cinque destinazioni sconosciute che devi visitare". Stiamo esagerando?
"Sì. Siamo diventati schizofrenici. Da una parte il sacrosanto desiderio delle persone di viaggiare, dall’altra l’ingenua pretesa che il turismo rilanci l’economia, illusi di poter scegliere anche chi far venire. E allora giù con le critiche al turismo mordi e fuggi, s’invoca un turismo di qualità. Più ricco, che però inquina di più".
Città a numero chiuso, città dormitorio, città minori: c’è un modello turistico giusto?
"Non sono un’economista, ma è chiaro che occorre investire in altro. Qualcosa che produca un lavoro migliore e non quello indotto dal turismo, di tipo povero. Il tema è regolare il turismo affinché le nostre economie non si specializzino solo in quello. Il turismo è una scorciatoia, alimenta disuguaglianze".
Esempi virtuosi in tema di gestione turistica e politiche dell’abitare?
"In Italia ci sono piccoli paesi che s’ingegnano per combattere lo spopolamento. Luoghi nei quali il turismo non può funzionare. Si tratta di interessanti esperimenti di attivazione di nuove economie, di paesi che ragionano su comunità energetiche, sulla cultura delle cooperative di comunità, di servizi. Cose che io stessa vorrei raccontare di più. Perché non può esistere come unica rappresentazione del Paese quella data finora".