Venerdì 13 Dicembre 2024
MARINA SANTIN
Magazine

’Labbro leporino’. Quando operare?

In Italia, la labiopalatoschisi colpisce circa un bambino su mille. Il 65% dei casi nel 2023 è stato trattato nei centri Smile House Fondazione ETS, che offre un approccio personalizzato e integrato per favorire l'integrazione sociale del bambino. L'obiettivo è ridurre il numero di interventi chirurgici e migliorare la qualità della vita del paziente e della famiglia.

’Labbro leporino’. Quando operare?

In Italia, la labiopalatoschisi colpisce circa un bambino su mille. Il 65% dei casi nel 2023 è stato trattato nei centri Smile House Fondazione ETS, che offre un approccio personalizzato e integrato per favorire l'integrazione sociale del bambino. L'obiettivo è ridurre il numero di interventi chirurgici e migliorare la qualità della vita del paziente e della famiglia.

Patologia relativamente rara, la labiopalatoschisi in Italia colpisce circa un bambino su mille. Di questi, nel 2023, il 65% è stato trattato in uno dei centri Smile House Fondazione ETS, che ha un ruolo cruciale nel trattamento delle malformazioni cranio-maxillo-facciali, puntando su un modello che, agendo a supporto del servizio sanitario nazionale, mette al centro il paziente e la sua famiglia.

"Il nostro approccio – spiega il Domenico Scopelliti (nella foto), chirurgo maxillo-facciale, Vicepresidente Smile House Fondazione ETS – è un percorso lungo vent’anni, dalla diagnosi prenatale alla fine dello sviluppo, creato non per protocolli ma con la massima personalizzazione. Questo permette di ridurre il carico delle cure, multispecialistiche e integrate, perchè la chirurgia è solo uno dei passaggi che porteranno a quello che per noi è l’obiettivo più importante, l’integrazione sociale del bambino. Seguendo il nostro percorso gli interventi vengono ridotti a 4-5 in 20 anni contro i 13-14 del protocollo tradizionale, minimizzando l’impatto sul bambino, sulla famiglia e sul sistema sanitario".

Dopo la diagnosi di una malformazione il primo passo nel percorso è supportare la famiglia. "Abbiamo un team dedicato – spiega Scopelliti – che prepara i genitori su cosa li attende. Dopo la nascita, l’urgenza principale è alimentare il bambino, avvalendosi di presidi che permettono alla madre di allattarlo senza rinunciare all’accostarlo al seno, uno dei momenti più importanti della vita affettiva del piccolo. Poi, entrano in gioco gli ortodontisti con tecniche di ortopedia dento-facciale, che contribuiscono a ridurre l’ampiezza della malformazione e consentono, a tempo debito, un intervento chirurgico adeguato privo di rischio anestesiologico. Questo avviene solitamente entro il primo anno perché è il momento in cui il bambino inizia ad articolare un linguaggio più completo e quindi, dopo la procedura, può iniziare a parlare normalmente, evitando anche di dovere intervenire maniera massiva sulla riabilitazione logopedica. Passata questa fase, il bimbo deve essere esclusivamente monitorato, ricorrendo solo a un’ortodonzia con finalità ortopedica per fare crescere le strutture scheletriche del viso. Se lo sviluppo non è avvenuto in modo corretto, a fine crescita, si interviene chirurgicamente, tenendo anche conto delle conseguenze estetico funzionali".

Guardando al futuro "il nostro auspicio – conclude l’esperto – è che il Ministero della Salute a fronte del lavoro svolto costituisca una rete nazionale per il trattamento delle malformazioni del volto e che la rete venga riconosciuta come Istituto di ricerca a carattere scientifico. A spronarci, l’assegnazione della prima Certificazione di Qualità dell’European Foundation for Quality Management".