Roma, 18 marzo 2024 – È stato l’unico discorso politico della notte degli Oscar, e siamo ancora qui a discuterne. Al centro delle polemiche, per una settimana ininterrotta, le parole di Jonathan Glazer, il regista inglese, ebreo, del miglior film internazionale (e col miglior sonoro) La zona di interesse, tratto dal libro di Martin Amis che si ispira alla vita reale di Rudolf Höss, comandante del campo di concentramento di Auschwitz: il film mostra la quotidianità da “capitano d’industria“ dell’ufficiale in cerca dei mezzi più efficienti per sterminare più ebrei possibili, calata nella quotidianità idilliaca della sua famiglia in una villetta con giardino, e solo un muro che separa la famiglia nazista – Höss, moglie e figli – dal campo dove si consuma il genocidio.
Ricevendo l’Oscar per La zona d’interesse e indicando James Wilson, uno dei produttori del film, Glazer, 58 anni, ha detto sul palco dell’Academy: "Tutte le nostre scelte sono state fatte per riflettere e confrontarci nel presente: non per dire “Guarda quello che hanno fatto allora“ ma “Guarda quello che facciamo ora”. Il nostro film mostra la disumanizzazione che porta al peggio, e ha plasmato tutto il nostro passato e presente. In questo momento, siamo qui come uomini che rifiutano che il loro essere ebrei e l’Olocausto vengano strumentalizzati da un’occupazione che ha portato nel conflitto così tante persone innocenti. Che si tratti delle vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza, sono tutte vittime di questa disumanizzazione. Come possiamo resistere?".
Restiamo umani, chiedeva Vittorio Arrigoni, il pacifista ucciso nella Striscia di Gaza a 36 anni, nel 2011. È la disumanizzazione l’anima nera di ogni guerra, ricorda ora Glazer – autore di un film/capolavoro che è la dimostrazione di quanto egli sostiene –, e non si può che concordare con lui. Se non che, subito dopo aver pronunciato quelle parole, Glazer è finito sotto accusa. L’Anti-Defamation League, ong Usa contro l’antisemitismo, è stata la prima a dissentire: "I commenti di Glazer agli Oscar sono sia fattivamente errati sia moralmente riprovevoli. Minimizzano la Shoah e giustificano il terrorismo della forma più atroce"; la Fondazione americana dei sopravvissuti all’Olocausto ha definito il discorso "moralmente indifendibile" perché "equipara la brutalità maniacale di Hamas contro israeliani innocenti con la difficile ma necessaria autodifesa di Israele".
Contro Glazer ("incredibilmente arrogante nel paragonare gli ebrei ai nazisti") ha scritto un editoriale su The Hollywood Reporter Richard Trank, produttore del documentario The Long Way Home, sull’Olocausto, premio Oscar 1998; contro Glazer ("avrebbe dovuto rimanere in silenzio") László Nemes, il regista ungherese di Son of Saul, ambientato ad Auschwitz nel 1944, e infine anche Danny Cohen, produttore esecutivo dello stesso La zona d’interesse: "La guerra è colpa di Hamas. Fondamentalmente non sono d’accordo con quel che ha detto Jonathan".
Dalla parte di Glazer, Yonah Lieberman, cofondatore di IfNotNow, un gruppo di ebrei americani che si oppone all’occupazione israeliana della Striscia di Gaza ("Le parole di Glazer sono state distorte, e quasi tutti quelli che le hanno distorte sono anche loro ebrei") come Stefanie Fox, direttrice del gruppo di sinistra Jewish Voice for Peace: "Glazer parla a nome del massiccio e crescente numero di ebrei che onorano la nostra storia unendosi ai nostri fratelli palestinesi nella loro lotta per la libertà e la giustizia".
Ma soprattutto, dalla parte di Glazer si è schierata con un lungo articolo sul Guardian Naomi Klein: "Zone of Interest – ha scritto l’attivista nata in Canada da famiglia ebrea – offre un ritratto estremo di una famiglia la cui placida e bella vita deriva direttamente dalla macchina che divora la vita umana accanto. Queste persone non lo negano: sanno cosa sta accadendo dall’altra parte del muro, i bambini giocano con i denti umani. Il campo di concentramento e la casa di famiglia non sono entità separate; sono congiunte. Il muro del giardino di famiglia è lo stesso che, dall’altra parte, racchiude il campo. Tutti quelli che conosco che hanno visto il film pensano solo a Gaza. Non significa un’equazione con Auschwitz. Non ci sono due genocidi identici: Gaza non è una fabbrica deliberatamente progettata per omicidi di massa, né siamo vicini alla portata del bilancio delle vittime naziste. Ma la ragione per cui è stato creato il diritto internazionale umanitario è stata quella di avere gli strumenti per identificare collettivamente i modelli, prima che la storia si ripeta su larga scala. E alcuni degli schemi – il muro, il ghetto, l’uccisione di massa, l’intento eliminazionista ripetutamente dichiarato, la fame di massa, il saccheggio, la gioiosa disumanizzazione e l’umiliazione deliberata – si ripetono. Nella continuità, come ha detto Glazer, tra il passato mostruoso e il nostro presente mostruoso".