Lunedì 29 Aprile 2024

La Woodstock di Vasco: "Pace & Musica"

Il grande ritorno con il megaconcerto per 120mila a Trento. "È stata dura ma è finita, finita, finita. Voglio portare gioia in tutt’Italia"

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di Andrea Spinelli

Gli spari sopra, sono per lui. "Fuck the war!" ha gridato ieri notte Vasco Rossi col suo ruggito a 750 mila watt mentre le chitarre tonanti di Stef Burns e Vince Pastano sfrecciavano nel clima rovente della Trentino Music Arena infiammando la prima tappa di un cammino che riporta i grandi raduni al centro dell’estate musicale italiana con dodici kolossal rock in dieci città diverse (Imola, Milano, Firenze e data doppia a Roma al Circo Massimo) che hanno già bruciato in prevendita 660 mila biglietti.

"È stata dura, ma è finita, finita, finita. Torniamo a fare musica, perché la musica è contro la guerra: ora voglio portare un po’ di gioia in tutta Italia", dice Vasco, 70 anni compiuti a febbraio, prima dello show. E poi: "Noi siamo contro la guerra, contro tutte le guerre, perché tutte le guerre sono contro la civiltà. Tutte le guerre sono contro l’umanità. Contro le donne, i bambini, gli anziani. La musica è contro la guerra. Love, Music & Peace.... diamo una chance alla pace" auspica il Kom nell’introduzione di Sballi ravvicinati del terzo tipo così come fatto pure durante le prove di giovedì. Quelle tenute in un clima eccitato davanti a dodicimila fan piovuti nella smisurata area a San Vincenzo di Mattarello (27 ettari che fanno 38 campi da calcio), attrezzata alle porte di Trento con un investimento di due milioni e mezzo di euro inseguendo il sogno di una Woodstock in riva all’Adige per 120.000 fan.

Un pugno in faccia a usi e costumi di una comunità di 118mila anime più che raddoppiata dal colpo di testa con cui il presidente della Provincia Autonoma, il leghista Maurizio Fugatti, ha messo gli amministratori del capoluogo regionale (con guida a sinistra) di fronte al fatto compiuto. Dunque, uffici in telelavoro, negozi chiusi, strade paralizzate da qualcosa come 46mila auto, per un evento in bilico tra il pellegrinaggio e l’adunata oceanica. Speriaamo non nevichi" s’era augurato il maudit di Zocca, arrivato in elicottero direttamente dal quartier generale di Fai della Paganella, presentando l’evento. Non è nevicato, ma sono grandinate polemiche, pure ambientali come quella sul fine udito di M49 Papillon, l’orso bruno chiamato così per essere "evaso" già due volte dal Centro faunistico del Casteller che si trova a meno di un chilometro dall’Arena, e dallo spavento che avrebbero potuto arrecargli i decibel di Ti prendo e ti porto via.

Emozionante, però, ritrovarsi dopo due anni di sospensione nuovamente ai piedi di una cattedrale rock alta come un condominio di nove piani, allestita con l’impiego di 147 autoarticolati (a proposito di ambiente) e “abitata” da una delle migliori band in circolazione, impreziosita dall’impronta soul di una sezione fiati, bruciante nelle iniziali XI comandamento, L’uomo più semplice, evocativa in Toffee (in cui si rivede il “Gallo” Golinelli al basso), Sally, Un senso. Amore… aiuto è un recupero (mai cantato prima sul palco) di Vado al massimo, ...Muoviti! di Liberi liberi, Ti taglio la gola di Cosa succede in città.

Questo senza tralasciare Gli spari sopra (con una piovra dagli occhi di fuoco che muove i suoi tentacoli sullo schermo), Senza parole, Stupendo, Rewind, con volo di magliette e reggiseni come da tradizione, su su fino a Vita spericolata, Siamo solo noi, Canzone, Albachiara. C’è posto anche per un ritocco a Delusa, con il nome Boncompagni sostituito da Berlusconi. Tutto intervallato a metà strada da un interludio in cui la band di undici elementi e impreziosita dal coriaceo Matt Laug (Tom Petty, Fleetwood Mac) alla batteria, manda fuori giri il suo motore sovralimentato.

Sei i pezzi dell’ultimo album Siamo qui ma fra i trenta momenti di una scaletta ci sono pure Se ti potessi dire e Una canzone d’amore buttata via (ambientata dalle grafiche sugli schermi sotto ai portici di Bologna) che Vasco per cause di forza maggiore non era ancora riuscito a fare dal vivo. "Ormai non ci credevo quasi più" si lascia scappare. Davanti a quanto vissuto negli ultimi due anni, c’è da credergli.

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