Domenica 16 Giugno 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

La rinascita di Doherty: "Sono libero dalla droga. Ho ritrovato la fede e fatto pace col passato"

I Libertines, la dipendenza, i legami glamour con Kate Moss e Amy Winehouse. Gioie e dolori di una rockstar nel documentario firmato dalla moglie Katia De Vidas. .

La rinascita di Doherty: "Sono libero dalla droga. Ho ritrovato la fede e fatto pace col passato"

La rinascita di Doherty: "Sono libero dalla droga. Ho ritrovato la fede e fatto pace col passato"

All’inferno e ritorno. "Poteva andarmi peggio, potevo essere morto, come alcuni miei amici. Invece sono qui, sono pulito, ho una moglie e una figlia bellissime, vivo in Francia con loro e con i miei due cani, e mi sento baciato dalla fortuna. Sì, credo in Dio. Ho ritrovato la fede nella quale sono cresciuto, e sono grato a Dio per essermi ritrovato". Pete Doherty oggi ha 43 anni, una gentilezza quieta, occhi che ti guardano, mentre parla lentamente, con un filo di voce. All’inizio degli anni Duemila era costantemente assediato dai fan. Lui e il suo amico Carl Barat, con i Libertines, avevano segnato non soltanto la scena del rock britannico. Ma erano diventati – lui, specialmente – le icone di un’epoca. Sono lontani i tempi in cui i tabloid si scatenavano su di lui, raccontando la sua storia – durata due anni – con la supermodel Kate Moss, e il loro vivere “sopra le righe”, come titolò una rivista, alludendo a certe foto nelle quali protagoniste erano le strisce di coca. Pete Doherty è a Firenze, insieme alla moglie Katia De Vidas, ospite del Festival dei Popoli, dove ieri sera è stato presentato, in anteprima nazionale, il documentario che Katia ha girato su di lui: Pete Doherty, Stranger in My Own Skin. Straniero a se stesso, si potrebbe tradurre. Li incontriamo, tutti e due, nella saletta di un hotel fiorentino. Doherty ha ancora quel volto da adolescente timido di vent’anni fa. Un grande cappello nero sui capelli grigi, gli occhi scuri spalancati.

Pete, un documentario su di lei. E poco prima, è uscito anche un libro nel quale racconta la sua vita. Sta riflettendo sul suo passato?

"In realtà, non guardo troppo al passato. Il film lo ha realizzato Katia durante la pandemia: io non mi soffermo molto a guardare indietro. Il film l’ho visto per la prima volta due mesi fa, alla prima mondiale. Ho notato solo che avevo sempre le mani sporche: doveva essere il crack, o qualcosa che fumavo, chissà. Adesso mi stupisco perché le mie mani sono pulite".

Anche lei è “pulito“, ormai da quattro anni. Si è liberato dalle droghe.

"In realtà, dalle dipendenze non ci si libera mai. La bestia è sempre lì, pronta a ritornare. Ma è vero, adesso non tocco droghe: soltanto, non ho smesso di bere. E mi piace molto mangiare. In Francia, dove viviamo, hanno questi formaggi meravigliosi, il Camembert… Magari finirò con il diabete, chissà".

Però ha vinto una battaglia.

"La droga… La droga, avevo sempre creduto di poterla usare a mio favore, per liberare la creatività. Non mi sono mai sentito ‘dipendente’, credevo di essere più forte. E invece no, anche se mi sentivo più forte, ero quello più debole".

Lei non è stato solo una rockstar, ma anche un attore. Ha ancora voglia di fare cinema? "Oh, sì. Nei miei progetti, c’è il cinema. I registi che amo? Tanti, soprattutto del passato: Otto Preminger, Frank Capra, Vittorio De Sica fra gli italiani, ma anche Ken Loach e Mike Leigh, e Tim Burton… Oh, Tim Burton, quello che ha diretto Beetlejuice! Davvero faranno un sequel con gli stessi attori? È la miglior notizia della settimana. E fra gli italiani che fanno film adesso, Paolo Sorrentino. Abbiamo visto È stata la mano di Dio. Ci piace moltissimo la confusione creativa degli italiani".

Come è la sua vita, adesso, in Francia?

"Molto semplice. Porto a spasso i miei due cani, Zeus e Gladys, cerco di mantenermi sano, vado sulla spiaggia".

Crede in Dio?

"Sì. Fino a 14 anni ero molto religioso, poi mi sono perso un po’. Negli ultimi anni ho ritrovato la fede. No, non credo che spariremo dopo la nostra morte".

In che rapporti è adesso con Carl Barât, il suo grande amico, partner nei Libertines? Lui la ha anche accusata di aver rubato due sue chitarre, è finito nei guai con la giustizia. Lo dice nel film…

"Sì, è tutto vero. Ma adesso siamo tornati a volerci bene. Carl si è sempre tenuto lontano dalle droghe, credo lo abbia fatto soprattutto per difendersi: ma sentivo che mi giudicava, e soffrivo di questa sua condanna. Poi adesso che sono tornato più tranquillo, anche Carl si è riavvicinato. Mi ha abbracciato, mi ha dato delle pacche sulle spalle. Ci è anche venuta l’idea di tornare a suonare insieme".

Nel film documentario si vede, per qualche attimo, Amy Winehouse, spettatrice qualunque in uno dei suoi concerti. Eravate amici?

"Sì, siamo stati amici, per anni. Una volta che ci siamo incontrati a Londra, e c’era anche Katia, Amy disse: “Un giorno, voi due sarete sposati“. Fu profetica. Amy ed io abbiamo vissuto, quasi in parallelo, una storia di dipendenze". Interviene Katia, la moglie e la regista del film: "I giornali scrivevano di Amy e di Pete, delle loro dipendenze. Amy, purtroppo, non è riuscita a salvarsi, Pete sì. Pete è un sopravvissuto, dobbiamo essere grati di questo. Molte persone non ce la fanno".

Ieri, al Festival dei Popoli, Pete Doherty è stato protagonista di uno showcase. Un ritorno sul palco, a Firenze, quasi vent’anni dopo la sua esibizione, il 17 ottobre 2006, sul palco dell’auditorium Flog con i Babyshambles, il gruppo che fondò dopo lo scioglimento dei Libertines. Un’onda sonora trascinante, un delirio collettivo, allora, nonostante la sua voce fosse strascicata, segnata da quella corsa a rimpiattino che c’era, allora, fra lui a la dannazione.