Scrive Simona Colarizi nel suo La resistenza lunga (Laterza) che la "storia dell’antifascismo va letta nella cornice del più sanguinoso periodo storico attraversato dall’Europa, iniziato con la grande guerra del 1914 e terminato con un’altra catastrofe durata sei terribili anni, dal 1939 al 1945; un trentennio di totalitarismi e di conflitti nei quali si era consumata fino quasi a scomparire la stessa civiltà millenaria dell’intero continente". Spesso schiacciata sul racconto dei mesi della resistenza armata, la storia dell’antifascismo è una vicenda larga, per dimensioni geografiche, e profonda per spessore politico, sia teorico che concreto.
Nell’esilio e nella lotta clandestina si forgia la classe dirigente che darà vita alle bande partigiane, al Cln e infine alla Costituente e oltre: non si capisce, insomma, la storia d’Italia del Novecento senza indagare l’avventura umana e politica di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, Alcide De Gasperi e Pietro Nenni, Palmiro Togliatti e Carlo Rosselli, e tanti militanti “minori“ ma non meno importanti, per esempio quelli – non molti, maggioritariamente comunisti – che tennero viva l’opposizione antifascista lottando in Italia nella clandestinità, trovando spesso la prigione, e anche scoprendo, per esempio, che "il fascismo era riuscito a “fanatizzare“ anche la gioventù operaia che non manifestava alcuna avversione alla guerra: (..) nelle officine e nelle caserme, insomma, regnava l’ordine".
Gli esuli antifascisti “annunciarono“ e “previdero“ più volte, nei loro fogli di lotta all’estero, l’imminente crisi e implosione del fascismo, compiendo anche altri errori di valutazione; né mancarono divisioni e attriti, dovuti – anche – alla pluralità di visioni e ideologie proprie del campo antifascista. "Resta intatto – conclude tuttavia Colarizi – il patrimonio politico e ideale elaborato per un ventennio fino alla scelta, da tutti condivisa, di fare della democrazia il pilastro della nuova Italia".
l. g.