Metti un pomeriggio nel salotto di casa. C’è tutta l’estemporaneità, il divertimento, l’intonazione ballerina dell’incontro domestico fra amici in quel Pastiche che siede Francesco De Gregori e Checco Zalone uno accanto all’altro come sulla copertina ispirata con gusto un po’ vintage all celebrato Carosello Carosone n. 2 del grande Renato. "Carosone è un po’ nello spirito di questo disco, pianistico come i suoi, ma anche ilare com’era lui, nonostante il suo grande rigore di musicista" ammette l’uomo di Rimmel. "Come se questa copertina fosse una canzone del disco, un elemento del progetto".
Quei "pochi rimorsi, niente di che, nessun rimpianto, non è peccato" evocati dal testo di Giusto o sbagliato, unico inedito dell’album in uscita oggi, lambiscono l’esistenzialismo della "regrets, I’ve had a few, but then again too few to mention" di My way. "Quello è un pezzo straordinario che ho provato anche a tradurre, poi ho capito, però, che in italiano non reggeva e soprattutto non reggeva per me il confronto con due mostri sacri che l’hanno interpretato come Frank Sinatra ed Elvis Presley" ammette De Gregori. "Così ho attinto un po’ da questa traduzione che stavo facendo per scrivere un’altra canzone, mantenendo il comune intento di fare un bilancio della propria vita… o di non volerlo fare. D’altronde sono arrivato a un’età (73 anni, ndr) in cui mi sembra anche abbastanza naturale che ciò accada".
Nell’album un inedito, sei brani del sacro repertorio principesco e due del meno immortale patrimonio zaloniano (Alejandro e La prima repubblica arricchita dal suono di un Hammond che cita Viva l’Italia), più versioni rivedute e corrette di Pittori della domenica di Paolo Conte, Putesse essere allero di Pino Daniele, Storia di Pinocchio di Nino Manfredi, Le cose della vita di Antonello Venditti. La “strana coppia“ accenna i brani dal vivo ieri a Milano, con De Gregori alla voce: e Zalone alla tastiera, che scherza: "È la mia prima esperienza da pianista, sono sinceramente emozionato, vi chiedo perdono per le “sue“ stonature".
"Francesco è uno dei pochi amici che ho nel mondo dello spettacolo e il disco nasce da questo nostro rapporto" spiega poi Checco, anzi Luca (Medici). "Lui è un cuoco bravissimo e nel salotto di casa ha uno Steinway che non ha mai suonato così bene come quando ci ho messo le mani io. Così, tra una cacio e pepe e una carbonara, è nato il disco. Un pasticcio. Anzi, una marachella, come piace chiamarla al Maestro". Ecco perché la presenza dell’attore pugliese è soprattutto strumentale. "In tutto cantiamo assieme sì e no una canzone e mezzo perché il mio campo è un altro e qui mi limito a fare di musicista. Un po’ come capita a Woody Allen… solo che io so suonare". "Gli artisti quando superano i sessant’anni diventano livorosi, incazzati con l’età che avanza, con ciò che offre il mondo moderno, io De Gregori non l’ho mai sentito parlare male della trap, mentre l’ho sentito dire cose terribili di certi suoi colleghi" continua Luca-Checco. "Mi piace la sua assenza di retorica, di moralismo, ma anche il suo profondo senso etico". E l’amico ricambia. "Ho amato Checco fin dal primo film perché trovo che nei suoi lavori ci sia sempre uno sguardo innocente e dolce sulle creature umane, sulla società. Anche quando diventa corrosivo non c’è mai cattiveria, ma sempre disincanto, rispetto, delicatezza, e questo paradossalmente lo trovo anche nel suo modo d’interpretare la musica. Un suonatore istintivo e affettuoso, che cura la musica come una creatura che ama".
"Sono un grande fan di Celentano – è ancora Zalone che parla – e avrei voluto mettere nel disco pure qualcosa di suo, ma non ne abbiamo avuto il tempo". "Magari lo faremo nel live" ipotizza De Gregori, ventilando Il ragazzo della Via Gluck. Assieme canteranno solo il 5 e 9 giugno a Roma, sotto le stelle delle Terme di Caracalla. De Gregori in un film di Zalone? "Ha una faccia da cinema, quindi direi proprio di sì" svela l’attore-regista. "Anche se con me ha già recitato il suo cane. Quello imbracciato da Lino Banfi in ‘Quo vado’". "Dopo il cane, l’attore" chiosa De Gregori, servendo all’amico la battuta su un piatto d’argento: "…oppure l’attore cane".