di Eva Desiderio
"La femminilità è l’aspetto più nobile ed aristocratico che noi donne abbiamo. Parlo della gentilezza, della pacatezza nel tono della voce, del modo di presentarsi, dello stile di vita. Credo che le donne debbano sempre mantenere un tocco di femminilità, in ogni occasione, in casa e fuori casa". Descriveva così la sua idea di eleganza d’animo e d’aspetto al femminile Wanda Miletti Ferragamo, impareggiabile e indimenticabile ’signora della moda’ che lo scorso dicembre avrebbe compiuto 100 anni. Modello di moglie, madre e imprenditrice coraggiosa e tenace per le giovani generazioni. Sempre sorridente ma al tempo stesso severa, schiva e mai sotto i riflettori, ha trascorso una vita d’amore e di lavoro senza pari, prima come moglie giovanissima di Salvatore Ferragamo, sposato nel 1940 a Napoli dopo un colpo di fulmine tra lei – 18 anni – e lui (42) nel paese natio di entrambi, Bonito nell’Irpinia, poi come vedova di sei figli il minore dei quali aveva 3 anni quando l’adorato marito è scomparso nell’agosto 1960.
Così Wanda, che fino a quel tragico giorno si era occupata solo di casa e bambini, si ritrovò proiettata in un impegno più grande di lei che non aveva mai lavorato in azienda a Palazzo Spini Feroni. "Ma Salvatore mi raccontava tutto dei laboratori, delle tecniche che aveva inventato, della clientela e di quel suo sogno di continuare sì a calzare uomini e donne nel mondo ma anche di creare per loro un total look che rappresentasse appieno la sua creatività", raccontava lei stessa. "Quando il 1 settembre 1960 mi misi alla sua scrivania, gli operai intorno mi incoraggiarono ad andare avanti, a non vendere l’azienda". Il suo impegno e la sua vita si celebrano in ’Donne in Equilbrio. 1955-1965’, la mostra che il Museo Salvatore Ferragamo (da lei voluto nel 1995) le ha dedicato: un racconto culturale, sociale, umano degli anni in cui le donne italiane sono sbocciate al lavoro e che hanno in Wanda Ferragamo un esempio luminosissimo.
Le donne sono state le protagoniste di questa rivoluzione produttiva ed estetica, "perché il 70% delle sartorie erano gestite da donne, dalle Sorelle Fontana che in atelier avevano solo un uomo che era il fattorino a Gigliola Curiel che aveva allora 150 sarte – racconta Stefania Ricci, direttore del Museo Salvatore Ferragamo che con la storica Elvira Valleri ha curato l’esposizione aperta fino a maggio 2023 – e c’era per la maglieria una imprenditrice come Luisa Spagnoli. Tra il 1955 e il 1965 la moda era la seconda voce del bilancio dopo gli alimentari.
La sala numero 9 di ’Donne in Equilibrio’ racconta l’evoluzione dell’abito delle donne di allora e il percorso di modernizzazione che avviene coi primi tailleur come quello rosso di Max Mara e i pijama palazzo per la sera come quelli disegnati da Irene Galitzine. C’è l’abito à chemise di Krizia del 1959 e i vestiti con la gonna a palloncino di Fernanda Gattinoni e di Sorelle Fontana, l’abito lungo da sera di satin avorio ricamato a tralci di fiori che Giovanna Ferragamo realizzò per la mamma Wanda nel 1962 e l’abito corto da cocktail a palloncino di Simonetta del 1958. Un universo di vanità e di modernità. "Si sviluppano identità nuove – spiega Elvira Valleri – avanza la cultura di massa al femminile, mutano abitudini e mentalità. E in casa sbocciano le camerette, tra musica e confidenze tra amiche. E il diario viene tenuto nascosto...".
Ad accogliere i visitatori della mostra al Museo Ferragamo, a Firenze nel Palazzo Spini Feroni, la ricostruzione dell’ufficio di Wanda Miletti Ferragamo che lei ha lasciato solo il giorno prima di morire. E pare di rivederla alla scrivania col taccuino mentre prende appunti o risponde alle lettere sempre personalmente, accando la borsa di coccodrillo realizzata da sua figlia Fiamma e battezzata W Bag del 1988, il foulard a fiori disegnato da Fulvia, il calamaio Ottocento di alabastro e ottone e la bottiglia del primo profumo della maison fiorentina, preziosissimo e ora rieditato, che Wanda battezzo’ col nome di ’Gilio’.