Chissà cosa penserebbe Giacomo Leopardi, se oggi fosse qui, e leggesse che il vocabolo “autentico” è la parola del 2023 secondo il Merriam-Webster, il più prestigioso dizionario americano che ogni anno decreta qual è il termine più diffuso negli Usa. Leopardi che al capitolo XCIX dei suoi Pensieri, scriveva che "il voler essere ciò che non siamo, guasta ogni cosa al mondo: e non per altra causa riesce insopportabile una quantità di persone che sarebbero amabilissime solo che si contentassero dell’esser loro..."
Parole sapienti e sacre, ma il poeta di Recanati ignorava le contraddizioni partorite nel 2023 dall’intelligenza artificiale, che se da una parte rappresenta un’enorme opportunità di crescita per il mondo, dall’altra ha anche generato grandi timori, compreso quello di mettere in crisi l’autenticità degli esseri umani. Lo dimostra il fatto, tra i tanti dibattiti in corso, che si è tenuto il primo vertice internazionale alla ricerca di un codice di condotta, consapevoli di come l’intelligenza artificiale abbia già cambiato il paradigma della guerra e della pace.
Eppure, proprio nel 2023, mentre fervono i timori alimentati dai possibili effetti nocivi dell’intelligenza artificiale che stanno superando l’effetto sorpresa suscitato dalle sue possibili applicazioni, lo stesso Elon Musk, che pochi mesi fa ha fondato una nuova azienda che sviluppa intelligenza artificiale, ha affermato ripetutamente che le persone dovrebbero essere più "autentiche" sui social-media.
Il Merriam-Webster afferma anche che nel 2023 si è registrato un aumento "sostanziale" dell’uso e della ricerca del vocabolo “authentic” per via di "storie e conversazioni su intelligenza artificiale, cultura delle celebrities, identità e social media".
Il motivo per cui così tanti hanno cercato la parola è che ha diversi significati, secondo il dizionario, tra cui "non falso o imitazione" e "fedele alla propria personalità, anima o carattere". Il dizionario americano sottolinea che “autentico” è stato il termine preferito da star come Sam Smith e Taylor Swift, che quest’anno hanno fatto notizia con dichiarazioni sulla ricerca della loro "voce autentica" e del loro "sé autentico".
Già. Proprio il “sé autentico” a cui si riferiva Leopardi quando asseriva, duecento anni fa, che "il voler essere ciò che non siamo, guasta ogni cosa al mondo..." Eppure, a distanza di due secoli, se all’apparenza le cose sembrano cambiate, in realtà non è vero.
Ora che “l’autenticità” in senso lato è stata messa in discussione dai progressi della scienza, nell’uomo è sorto un intimo, profondo bisogno di riappropriarsene. Se infatti l’intelligenza artificiale può costruire, creare una realtà parallela, in questo timore diffuso, digitale e isterico di smarrire la strada tra reale e virtuale, ecco che l’uomo ricerca e riscopre l’importanza e il valore dell’autenticità. L’etimologia del termine “autentico”, secondo il dizionario, proviene dal latino tardo “authenticus”, dal greco “autentikos” e vuol dire “autore”, “che opera da sé”, in senso lato “avere autorità su se stessi” o ancora “che è vero, cioè non falso, non falsificato”, e che si può provare come tale oppure, ancora più nel profondo, “che rappresenta la vera natura o credenze di una persona; essere fedele a se stessi e nella consapevolezza della propria vocazione”. Ecco che allora in un tempo storico fluido e senza punti di riferimento come quello che stiamo percorrendo, la ricerca dell’autenticità diviene un valore fondante da riscoprire. Perché svelare l’autentico che è in noi significa capire chi siamo realmente e ciò innesca un sacro percorso di autodifesa della nostra essenza più profonda. E questa presa di coscienza assoluta ci consente dunque di riconoscere noi stessi e di difenderci dai fake della nostra stessa esistenza che la tecnologia potrebbe riprodurre.
“Conosci te stesso” era il motto scolpito sul frontone del tempio di Delfi, nell’antica Grecia. E la riscoperta della nostra autenticità, oggi forse più di sempre, profuma di salvezza.