
Incisioni rupestri in un sito sui Monti Flinders (Foto: Bjorn Svensson/Alamy)
In Australia un team di ricercatori ha riportato alla luce i resti di un insediamento aborigeno risalente a 50mila anni fa. I reperti risultano 10mila anni più antichi di qualunque altro ritrovamento analogo in terra australiana e sono stati scoperti in modo fortuito, durante una pausa… per fare la pipì. NATIVI AUSTRALIANI Il gruppo guidato da Giles Hamm ha trovato utensili di pietra, gusci d'uovo giganti e le ossa di un vombato gigante (specie ormai estinta) in un anfratto sui Monti Flinders, la più grande catena montuosa dell'Australia Meridionale, già famosa per le incisioni rupestri presenti in numerose caverne. La regione è legata alla popolazione aborigena Adnyamathanha, arrivata qui migliaia di anni fa. TOILET A CIELO APERTO Come ha raccontato Hamm alla ABC, il merito della scoperta è da attribuire a Cliff Coulthard, il membro più anziano del team, che si era appartato per fare pipì. Quando "la natura ha chiamato, Cliff si è avvicinato al letto di un torrente, all'interno di una gola", individuando quasi accidentalmente "il più importante sito preistorico dell'Australia". Ad attirare l'attenzione di Coulthard è stata una delle tante aperture presenti sulla parete rocciosa, che però, a differenza di altre grotte, evidenziava un soffitto annerito, frutto di un probabile focolare domestico. Gli scavi hanno poi confermato l'intuizione, facendo emergere, tra le altre cosa, strumenti fatti con le ossa e pigmenti di gesso usati per le pitture, risalenti rispettivamente a 49mila e 40mila anni fa. CACCIA AL GIGANTE Oltre a spostare indietro la datazione del più antico insediamento umano in Australia, lo studio rafforza anche un'altra ipotesi molto dibattuta tra gli scienziati: a favorire l'estinzione della megafauna preistorica (ovvero gli animali di grossa taglia vissuti in passato) è stato probabilmente l'uomo. I resti del vombato dimostrerebbero infatti che l'attività predatoria dell'Homo Sapiens ha facilitato il declino di grandi specie endemiche, analogamente a quanto accaduto ad altre latitudini con i Mammuth.
I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature.