Cucci
Alla fine Maurizio Cattelan arrivò ad Arte Fiera, a Bologna, nel giorno inaugurale dedicato agli invitati. Si è fatto attendere fino all’orario di chiusura, le 21 in punto, facendo a una Signora Fiera di 50 anni il più bel regalo che potesse desiderare. Più di trent’anni dopo quel clamoroso debutto: nel 1991 l’artista irriverente e situazionista per eccellenza posò il suo stand clandestinamente nel corridoio della manifestazione, tanto per presentarsi al mercato dell’arte che magari si aspettava l’inaspettato, ma non così tanto. Un regalo atteso tutto il giorno, un po’ come Godot, continuamente imminente, con tanto di uno stand creato apposta per lui dall’azienda Mutina, che col progetto Because concepito da Sarah Cosulich, ha messo in dialogo due opere di Cattelan, un untitled Zorro del 1989, un pezzo storico, e il gatto It del 2003.
"Il cortocircuito che creavano – ha spiegato la curatrice – ci ha dato la possibilità di immaginare un palcoscenico per il lavoro di Maurizio ed è Maurizio, poi, che ha abbracciato l’idea e l’ha fatta crescere. Ogni piccola parte è un tassello dell’altra e insieme le opere creano una narrazione in comune, nonostante la differenza, quella di due presenze in fuga, con un gatto apparentemente in punizione e Zorro che poi lascia la scena, due fuorilegge, due eroi per parlare di senso di colpa e dell’idea dell’espiazione, del decostruire gli stereotipi".
Cattelan, molto schivo, non voleva la luce dei riflettori, non voleva foto in posa, e si è presentato all’ultimo minuto, svelando, a precisa domanda, il segreto del suo fare arte: "Lavoro lavoro lavoro". La performance del giorno, insomma. Anche se il suo arrivo/non arrivo non ha minimamente rubato il palcoscenico a questa edizione di Arte Fiera che potrebbe intitolarsi “Ricominciare a 50 anni”. Perché, come dice Simone Menegoi, il direttore artistico, "tutto quello che è successo nei decenni precedenti, servirà per i prossimi cinquant’anni".
Per la 50ª edizione i contenuti della prima kermesse artistica d’Italia sono fortissimi. Del resto sono tornate gallerie (ce ne sono in totale 196) che da tempo non si facevano vedere. Apalazzo Gallery, Laveronica, Lorenzelli Arte, Franco Noero, Ronchini, Sprovieri e poi Lia Rumma, della mitica gallerista ancora affamata di Arte e con uno stand davvero interessante (c’è, tra gli altri lavori, una ceramica di Vanessa Beecroft, che sorprende), che oggi riceverà il premio Angamc alla carriera.
Arte storicizzata e contemporaneo sono nella main section, come al solito, cui si affiancano tre sezioni curate e su invito: fotografia e immagini in movimento, Pittura XXI e Multipli, che propone opere in edizione, spaziando dal libro d’artista al design d’autore. Poi, un ritorno, ovvero “Percorso”, un itinerario che collega un certo numero di stand della Main Section secondo il tema del disegno.
È interessante girare per gli stand, alcuni veramente molto belli e concettualmente compatti, e scrutare opere che non si sono mai viste o, al contrario, immagini che sanno di leggenda e che qui in fiera non erano passate. C’è ad esempio la foto famosissima della cover di Rain Dogs, album cult di Tom Waits, mia esposta da noi: "È di un fotografo strepitoso, celebre in tutto il mondo, meno in Italia – afferma la gallerista – Anders Petersen".
Quest’anno ad Arte Fiera si celebrano le origini, risalenti a quel 1974; proprio in quegli anni ’70 Bologna fu la mecca della performance, che viene qui celebrata con la sezione “Praticamente nulla da vendere” curata da Uliana Zanetti. E torna lo spazio curato da Fondazione Furla che per questa edizione ha scelto l’opera performatica di Daniela Ortiz, Tiro al blanco, dove il pubblico che si aggira per i padiglioni 25 e 26 può indossare occhiali protettivi e sparare ai simboli dell’industria militare, alle armi, ai droni, alle bombe. Chi colpisce il bersaglio si porta a casa una piccola opera d’arte dell’artista peruviana. Geniale.