Giovedì 18 Aprile 2024

Uber files, l'inchiesta che imbarazza Macron. E spunta il nome di Renzi

Un gigantesco dossier svelato dal Guardian che documenta le manovre spregiudicate di Uber per espandersi. La piattaforma faceva lobbying sui politici, dal presidente francese (allora ministro) avrebbe ottenuto aiuti

L'inchiesta del Guardia sulla campagna di lobbying di Uber (Ansa)

L'inchiesta del Guardia sulla campagna di lobbying di Uber (Ansa)

Londra, 11 luglio 2022 - Per quattro anni Uber ha sistematicamente messo in atto pratiche spregiudicate al limite della legalità e fatto pressione sui governi di mezza Europa e degli Usa  per espandersi, in alcuni casi ricevendo l'aiuto richiesto. Lo scrive il Guardian che insieme a Bbc, Le Monde e altre testate di un consorzio internazionale di giornalisti investigativi, ha fatto luce su un gigantesco dossier con oltre 120.000 intercettazioni e 83.000 e-mail: gli Uber files, che fanno riferimento agli anni 2014-2017, chiamano in causa il presidente Usa Joe Biden, l'attuale cancelliere tedesco Olaf Scholz, l'ex premier britannico George Osborne: tutti sarebbero stati corteggiati da Uber. Tra i nomi fatti anche quello dell'ex commissaria Ue Neelie Kroes e in Italia dell'ex premier Matteo Renzi. 

Le manovre di Macron

Il caso più clamoroso è quello del presidente francese Emmanuel Macron che, si legge sul Guardian, avrebbe "aiutato segretamente Uber nella sua attività di lobby in Francia". In particolare, nonostante i tribunali e il parlamento avessero vietato Uber, Macron avrebbe accettato di lavorare con l'azienda per riformare le leggi del settore. E firmato un decreto che allentava i requisiti per la licenza dei conducenti del servizio di trasporto privato. I papers citati dall'inchiesta contengono anche scambi (conversazioni dirette o mediate dal personale) tra l'allora Ceo Uber Travis Kalanick e Macron che ai tempi (2014-2016) era ministro dell'Economia. In uno di questi Macron assicurerebbe di avere stretto un patto segreto con membri dell'opposizione per favorire la piattaforma di servizi di noleggio con conducente. 

Un esempio che rende l'idea dell'approccio spinto di Kalanick: nel report del Guardian si cita una conversazione con altri dirigenti, preoccupati di inviare autisti della compagnia a una contro-manifestazione in Francia: erano gli anni delle proteste dei tassisti contro Uber e si temeva per l'incolumità dei conducenti. In quell'occasione l'allora Ceo di Uber avrebbe detto: "Penso che ne valga la pena: la violenza garantisce successo". Parole però prontamente smentite dal portavoce del manager. 

La commissaria Ue

 Secondo l`indagine, poi l'ex commissaria europea Neelie Kroes aveva iniziato a trattare per entrare nella dirigenza di Uber prima della fine del suo mandato. E successivamente avrebbe operato segretamente a favore del gruppo, potenzialmente in violazione dei codici di condotta dell`Ue. 

Il nome di Matteo Renzi

C'è anche un risvolto italiano nell'inchiesta Uber Files. "Italy - Operation Renzi", rivela L'Espress, è il nome in codice di una campagna di pressione condotta dal 2014 e il 2016, con l'obiettivo di agganciare e condizionare l'allora presidente del consiglio e alcuni ministri e parlamentari del Pd. Nelle mail dei manager americani, Matteo Renzi viene definito "un entusiastico sostenitore di Uber". Per avvicinare Renzi, Uber utilizzò, oltre ai propri lobbisti, personalità istituzionali come John Phillips, in quegli anni ambasciatore degli Stati Uniti a Roma. Ma il leader di Italia Viva ha spiegato di non aver "mai seguito personalmente" le questioni dei taxi e dei trasporti. E comunque il suo governo - ha precisato L'Espresso - non ha approvato alcun provvedimento a favore del colosso californiano. 

Interpellata dal Guardian, la società ha ammesso "errori e scelte sbagliate" ma rivendica di essere profondamente cambiata dal 2017, sotto la leadership del nuovo amministratore delegato, Dara Khosrowshahi. Kalanick fu silurato dagli azionisti di Uber proprio per le sue azioni sfrontate.