Martedì 30 Aprile 2024

Trump, dopo la grande sconfitta Donald tace, e pensa alle tasse

Il presidente non ha twittato oggi, dopo il ko alla Camera per abolire l'Obama-care. Prossimo passo è abbassare le tasse del 20%, ma il rischio di un altro ammutinamento di una parte dei repubblicani è sempre presente - dall'inviato Giampaolo Pioli

Donald Trump pensieroso (Afp)

Donald Trump pensieroso (Afp)

New York, 25 marzo 2017 - Il giorno dopo la grande sconfitta sulla sanità Donald Trump tace. Nessun tweet. Nessun dito puntato ma solo l’ammissione di un grande schiaffo e la voglia di rifarsi puntando subito alla nuova legge fiscale che promette di ridurre le tasse del 20% ai cittadini ma soprattutto alle corporation. La “lezione” per chi non è abituato a chiedere scusa è molto amara. Il presidente che si definisce “il re del negoziato” è caduto insieme al presidente della Camera Paul Ryan sul terreno sul quale si sentiva l’unico campione nazionale. Non è poco. Trump ha messo in campo promesse, minacce e pressioni, ma non ha funzionato. Un manipolo di deputati repubblicani ribelli divisi quasi fra ultra conservatori e moderati hanno mantenuto il loro no fino alla fine costringendo la Casa Bianca a ritirare la sua proposta di cancellazione dell’Obama-care. E la prova che almeno in questo Trump ha fatto la scelta giusta, la si è avuta ieri mattina in diversi stati Usa quando i deputati repubblicani sono andati a spiegare agli elettori il loro fallimento e sono stati fischiati sonoramente. Non per il mancato voto, ma per la proposta che volevano far passare giudicata dalla stragrande maggioranza della popolazione molto peggio dello stesso Obacare che volevano cancellare e sul quale anche i democratici erano pronti a valutare correttivi e aggiustamenti.

“Sul “replace” siamo sempre stati pronti a sederci al tavolo-ha detto la leader democratica Nancy Pelosi- Sul “repeal” invece non c’è collaborazione…L’Obama-care non è perfetto, va aggiustato, ma ha offerto la copertura sanitaria a decine di milioni di persone soprattutto fra le categorie più deboli. La riforma di Trump avrebbe tolto l’assistenza ad almeno 24 milioni di persone soprattutto anziani e disabili….” Associazioni mediche e infermieristiche, grandi ospedali e cliniche americane, hanno scritto al presidente per protestare contro il piano che non è passato considerandolo inadeguato punitivo e ingiusto. Donald Trump ha sentito queste voci e il suo tono nonostante il furore per la sconfitta si è fatto più pacato e conciliante dicendo “l’Obama-care esploderà e quando i democratici verranno da me allora vedremo come cambiarlo tutti insieme per offrire al paese un’assistenza migliore…” In realtà però non è quello che sta accandendo perché spinti dalla paura dell’ignoto sono state centinaia di migliaia le persone che si sono iscritte al piano di Obama anche se in alcuni stati ha subito forti impennate nei costi per mancanza di concorrenza fra le compagnie di assicurazione…”

Nei prossimi mesi però il presidente potrebbe ritrovare la strada del “grande mediatore” se sarà disposto a valutare in modo bipartisan tutte le proposte di correzione all’Obama-care che i democratici hanno già messo sul tavolo ma sono state accantonate subito dopo la vittoria elettorale. Trump ha capito molto in fretta che guidare la Casa Bianca non è come comandare in un’azienda privata e soprattutto coordinare il voto del Congresso non è come cercare il consenso in un consiglio di amministrazione quando uno possiede già la maggioranza delle azioni. Con la sconfitta e la cancellazione del “Trump-care” il presidente non ha perso tutto il suo capitale politico, ma molto del suo momento propulsivo dei primi 100 giorni che concretamente hanno prodotto molti slogan e promesse ma non fatti. Minacciando l’ammutinamento, che potrebbe ripetersi anche con la riforma delle tasse e sul piano delle infrastrutture. Donald Trump capisce che per evitare le imboscate nel futuro dovrà costruire una vera coalizione presidenziale non solo basata sui repubblicani perché si è rivelata insufficiente ma anche sui democratici interessati a compromessi ragionevoli in Congresso. La campagna elettorale è finita a novembre e il presidente ha avuto un brusco risveglio sentendosi tradito dal suo stesso partito lacerato e diviso.

Se credeva nel motto “ solo io posso aggiustare tutto…” dovrà ricredersi molto presto. E prima lo farà più chiara diventerà anche la politica americana interna ed estera proprio in vista dei prossimi vertici internazionali della Nato e del G7, ma soprattutto del summit col presidente cinese Xi Jinping in arrivo ai primi di aprile. Per il “Russiagate” e i rapporti con Putin servirà qualche settimana in più. L’inchiesta della commissione intelligence della Camera continua il suo lavoro fra le polemiche, mentre l’unica certezza è che l’FBI stava effettivamente indagando col rischio di motivazioni criminali gli uomini di Trump. Anche l’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale generale Mark Flynnn potrebbe ritornare in ballo perché è stato accertato secondo l’Associated Press che a settembre, non aveva solo rapporti con i russi, ma ha incontrato segretamente a New York anche alcuni emissari turchi compreso il genero di Erdogan per predisporre il sequestro del leader dell’opposizione Fethullah Gullen , che vive in Pennsylvania dal 1999 e “consegnarlo segretamente” ad Ankara dove Erdogan ha già annunciato la sua condanna a morte come terrorista in quanto “ispiratore” del fallito colpo di stato del luglio scorso.

 

IL CASO: Riunione senza donne alla Casa Bianca: polemica sui social media.