Mercoledì 18 Giugno 2025
ENRICO FOVANNA
Esteri

Mayar, la bimba siriana di 6 anni salvata dal web

Gara di solidarietà su Facebook per salvare la bambina, gravemente malata: l'appello del web diventa virale e in venti giorni la piccola e la famiglia sono al sicuro in Italia, lasciando Aleppo bombardata

Mayar gioca con la mamma, finalmente al sicuro in ospedale, in attesa del trapianto

Milano, 11 novembre 2015 - Tra Internet e il mondo reale non ci sono poi tutte queste differenze. In entrambe le piazze possiamo incontrare orchi, truffatori, personalità deviate o violente, menagrami come persone gentili, perbene, disposte a fare rete per dare una mano. Per lo stesso motivo, di social network si può anche morire, come accade alle vittime dei cyber-bulli, oppure rinascere. Come è accaduto a Mayar, la bimba siriana di 6 anni che sarebbe morta nel giro di poche settimane ad Aleppo per una malattia rara al fegato, ed è stata invece messa in salvo, e in tempi record, da un passaparola su Facebook. Una storia tanto incredibile quanto illuminante sulle potenzialità della Rete. 

Tutto comincia il dieci ottobre, quando una onlus milanese, che già si dedica a inviare farmaci e ambulanze rimesse a posto in Siria, lancia l’appello, diffondendo la lettera di Ghassan, un papà disperato per le condizioni di sua figlia. Mayar soffre infatti di glicogenesi (28 i casi noti al mondo), una sindrome di insufficienza epatica che la costringe a dormire seduta. La sua pancia preme infatti su cuore e polmoni, causandole gravi crisi respiratorie. L’uomo vive nella parte bombardata della città, non più sotto il controllo di Assad, insieme alla bimba, alla mamma Douina e ai fratelli Muhammed e Majid. Faceva l’elettrauto, ma ormai le occasioni di lavorare sono pochissime e quel poco che guadagna Ghassan lo mette a disposizione della bimba.. "Ogni volta che vedo mia figlia soffrire senza poter far nulla - conclude - muoio anche io piano piano con lei".

A innescare la gara di solidarietà su Facebook è Claudia Ceniti, dirigente di banca a Milano e presidente della onlus “Il Cuore in Siria“. Lancia l’appello, ma senza illudersi che funzioni, perché la sfida appare subito improba. Occorrono troppi tasselli per completare il mosaico: trovare un ospedale italiano disposto ad effettuare al volo un trapianto, visto che i genitori si dicono pronti alla donazione. Far emettere dal Ministero i cinque visti per motivi di salute. Far uscire la famiglia, prima da Aleppo alla Turchia, 60 chilometri irti di predoni, mine e combattenti, poi dalla frontiera a Istanbul.  Altri mille chilometri, non certo su autostrada, durissimi per una bimba in quelle condizioni. Bisogna poi trovare chi coprirà le spese del trapianto di fegato, stimate in oltre 100 mila euro, e quelle di sussistenza familiare per un anno, almeno 20mila. Ma le incognite non finiscono qui: qualcuno dovrà assistere il nucleo in Italia, visto che nessuno parla inglese. Insomma, ostacoli grandi come una montagna. Ma l’appello sul web diventa virale e finisce sotto la lente di alcuni soggetti. Due parlamentari, che attivano il ministero degli Esteri, sensibilizzandolo alla causa umanitaria. Due quotidiani, prima “il Giorno“, poi “La Stampa“, che uniscono le forze e collaborano all’insegna di un patto che escluda fin dall’inizio le tradizionali rivalità tra mezzi d’informazione, scambiandosi tutte le informazioni utili per avvicinare la soluzione del caso. Il Giorno di fatto lavora su Milano, La Stampa su Torino.

Claudia Ceniti dal canto suo è attivissima e i tasselli cominciano a incastonarsi come per miracolo, uno dopo l’altro. Qualcuno da Facebook invia il cellulare di un medico disponibile al trapianto. Partono i contatti. L’ospedale Regina Margherita-Le Molinette di Torino si dice pronto a inserirla nella lista nazionale dei trapianti pediatrici. La Regione Piemonte sblocca il fondo di emergenza destinato alle cure sanitarie dei profughi. Per statuto serve però una onlus piemontese. Et voila, al Cuore in Siria (che non ha un sito web, ma una ricca pagina facebook) si affianca la onlus "Ability Amo" di Torino, presieduta da Federica Gamna. Claudia e Federica si muovono all’unisono, per un solo obiettivo. Saranno loro a prendere lo stesso aereo per Istanbul per andare a prendere la famiglia.

Un anonimo benefattore bonifica i 20 mila euro. È un signore di Parma, un operaio in pensione, con la passione della matematica. Negli anni che furono, la sua competenza gli valse una vincita record da 100 milioni di lire a Lascia o Raddoppia. Che poi sono 50 mila euro, ma insomma, lui ne offre il 40% a Mayar. Nessun riccone si aggiunge alla lista, ma c’è anche un anziano con la pensione di invalidità che ne manda 90 con la causale “per Mayar“, scusandosi. Facebook non finisce di contagiare gli sforzi. Il ministero non solo sblocca i visti, ma aziona il consolato a Istanbul che offre tutto il supporto necessario. La Turkish Airlines, che annusa la buona causa, dona i voli. Spunta anche una volontaria siriana che farà da interprete. E’ fatta. La famiglia parte da Aleppo sabato 31 ottobre. In qualche modo passa la frontiera e, nonostante i mille posti di blocco per le elezioni turche, la jeep arriva a Istanbul. Lunedì 2 novembre, alle 10.30, scortata da Claudia e Federica, la famiglia di Mayar atterra a Caselle, l’aeroporto di Torino, e la piccola viene affidata alle cure del dottor Pierluigi Calvo, che adesso la segue giorno dopo giorno nella sua stanzetta.

Tre settimane, tanto è durato il lavoro del network spontaneo innescato dal web. Che ora ha dato vita anche a una apposita pagina facebook ("Mayar, 6 anni, da Aleppo all'Italia per un trapianto di fegato") dove seguire l'iter clinico della sua nuova vita.  Certo, le difficoltà non sono finite. La famiglia per ora ha un rifugio, poi, al momento buono, quando le procedure burocratiche per lo status dei suoi membri saranno definite, Facebook e la rete di volontari verranno di nuovo chiamati in causa. Pur nello straniamento generale per il nuovo mondo in cui si è visto calare, infatti, papà Ghassan non vuole passare le giornate a guardar per aria. Ci sarà pure un elettrauto che ha bisogno di una mano.