
Il presidente Usa, Donald Trump, parla del G7 a bordo dell’Air Force One
Via dal G7. La partenza anticipata di Donald Trump da Kananaskis, al termine della prima giornata di lavori, obbliga la presidenza canadese a sforzi considerevoli per dare un’impronta al consesso. La concessione di Washington di sottoscrivere il comunicato finale – previe modifiche – non basta a trasmettere il senso di unità invocato, pur nelle differenze, dal padrone di casa Mark Carney. L’irritabilità del presidente statunitense, solo in parte contenuta, non trova alcun argine quando attacca a testa bassa. L’ultima vittima è Emmanuel Macron. "Il presidente francese, per farsi pubblicità, afferma erroneamente che ho lasciato il vertice del G7 in Canada per tornare a Washington e lavorare a un cessate il fuoco tra Israele e Iran. Falso!", scrive Trump su Truth. Ancora: Macron "non ha idea del perché io sia ora in viaggio per Washington, ma di certo non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco". Il motivo è "molto più grande". E, "volutamente o meno, Emmanuel sbaglia sempre. Restate sintonizzati", è la piazzata di Trump. Nel massimo consesso politico occidentale non dovrebbe accadere che un alleato, per quanto potente, sbeffeggi un collega via social mentre il leader russo Vladimir Putin (nemico giurato della Nato) riceve buffetti e carezze diplomatiche. Invece – con Trump – succede. "Se ha cambiato idea, io non sono responsabile dei cambiamenti di posizione dell’amministrazione statunitense", glissa il numero uno dell’Eliseo.
In questo contesto – pena la rottura – Canada, Giappone, Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia scelgono di abbozzare, diluendo l’iniziale appello per la de-escalation nel conflitto in espliciti riferimenti alla sicurezza di Israele e alla minaccia dell’Iran. I sette ribadiscono "l’impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente", riaffermano "il sostegno alla sicurezza di Israele" (che "ha il diritto di difendersi") e rilanciano "l’importanza della protezione dei civili". Sistemate le premesse, i firmatari accusano l’Iran di essere "la principale fonte di instabilità e terrore nella regione" con conseguente divieto a "ottenere un’arma nucleare". "Sollecitiamo che la risoluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de escalation delle ostilità in Medio Oriente, compreso un cessate il fuoco a Gaza", è l’auspicio conclusivo con formulazione gradita a Trump che alla fine, vinta la mano, concede la sua firma. Così la tessitura diplomatica di Carney e alleati – a partire da Giorgia Meloni – salva (almeno) l’immagine del vertice. Conclusione contestata dall’Iran che in una nota ai media imputa al G7 di "ignorare la spudorata e illegale aggressione" dello Stato ebraico, nonché "le vittime civili e i danni alle infrastrutture" in una "una guerra di aggressione, in violazione della Carta Onu e delle norme sulla tutela degli impianti nucleari".
La partenza anticipata di Trump si spiega, probabilmente, anche con l’implicita volontà di non incontrare il leader ucraino Volodymyr Zelensky, da tre anni invitato fisso al meeting. Zelensky ringrazia i presenti e apprezza le sanzioni alla Russia unilateralmente decise da Gran Bretagna e Canada raccogliendo la sfida lanciata da Trump: "Le sanzioni ci costano miliardi di dollari, vediamo se gli altri le fanno per primi". Accontentato. Dopo il massiccio raid russo di lunedì (con 12 morti tra i civili e 138 feriti), Zelensky insiste sulla necessità di un "cessate il fuoco incondizionato" accompagnato da veri "negoziati di pace". Il leader ucraino ringrazia in particolare il Canada per i quattro miliardi di dollari di aiuti in arrivo: "Due miliardi in droni, elicotteri e munizioni, e due miliardi di fondi dai beni russi congelati".