Sabato 27 Luglio 2024
ELENA COMELLI
Esteri

A un passo dalla morte: "Noi barricate nel bunker, mentre i macellai di Hamas sgozzavano i nostri vicini"

Il racconto di Irit Lahav: io e mia figlia ci siamo nascoste sotto il tavolo e ci siamo abbracciate. "Ho chiuso la porta con un mattarello e un’aspirapolvere, hanno provato a forzarla tre volte"

Tel Aviv, 12 ottobre 2023 – Irit Lahav è nata e cresciuta nel kibbutz Nir Oz, poi se n’è andata in giro per il mondo e alla fine ci è tornata quattro anni fa, ma ora dubita che lo rivedrà mai più, dopo l’esperienza spaventosa dell’assalto del 7 ottobre, quando è sopravvissuta con sua figlia all’assedio di Hamas per 12 ore, barricate in una stanza blindata grazie a un aspirapolvere e un mattarello.

La famiglia Kedem sterminata nel kubbutz di Nir Oz
La famiglia Kedem sterminata nel kubbutz di Nir Oz

Come avete fatto?

"Nir Oz è ad appena 4 chilometri dal confine con Gaza ed è stato uno dei primi kibbutz a venire preso d’assalto dai terroristi, per cui già alle 6.30 del mattino siamo state svegliate dalla sirena dell’allarme. Ci siamo rifugiate nella stanza blindata come se si trattasse di un normale bombardamento, a cui ormai siamo abituate da anni. Ma ben presto i vicini ci hanno avvertite che non si trattava di un normale lancio di missili. Abbiamo capito che c’era un assalto di terroristi al kibbutz e bisognava barricarsi in casa per non finire massacrate".

E quindi?

"Ci siamo rese conto che la stanza blindata non è attrezzata per proteggerci da un attacco terroristico, perché non ha nemmeno una serratura: non devono mai essere chiuse a chiave, per motivi di sicurezza".

Cosa avete fatto?

"Abbiamo chiesto nella chat del kibbutz se qualcuno sapesse come bloccare la porta".

Chi vi ha dato il consiglio giusto?

"Mio fratello mi ha mandato una foto di come aveva bloccato la sua porta con due manici di scopa incrociati legati saldamente alla maniglia. Ho pensato subito: ’Non ho scope. Come potrei riprodurre lo stesso effetto?’ Ma poi mi sono ricordata di avere un mattarello: sono uscita di corsa dalla stanza e l’ho preso, insieme al mio aspirapolvere Dyson, che ha un tubo abbastanza lungo per bloccare la porta".

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Con questi due oggetti siete riuscite a fermare i terroristi?

"Sì, li abbiamo legati insieme con un cavo molto robusto e abbiamo infilato il tubo dietro alla maniglia in modo da bloccare la porta. Sapevamo che saremmo morte se quelle belve fossero riuscite a irrompere nella stanza. Sentivamo come si avvicinavano e avevamo solo paura".

Sapevate cosa stava succedendo attorno a voi?

"Sì, mia figlia guardava le notizie, ma io non riuscivo. Mi bastavano i messaggi che arrivavano attraverso il telefono. Tutti i miei vicini chiedevano aiuto, dicevano che la loro casa stava bruciando, che non potevano più respirare, che i terroristi stavano buttando giù la porta. Li ho sentiti arrivare nella casa vicino alla nostra, dove hanno ucciso tutta la famiglia dei miei vicini, due genitori e due bambine piccole. Nel nostro kibbutz vivevano 400 persone e di queste 150 sono state uccise o rapite".

Sono entrati anche in casa vostra?

"Sì, diverse volte. La prima volta verso le 10 e mezza, quattro ore dopo il primo allarme. Hanno sparato e li abbiamo sentiti demolire tutto. Poi sono arrivati alla porta delle nostra stanza e hanno cercato di aprirla. L’hanno sbattuta e scossa con tutte le loro forze e noi ci siamo nascoste sotto il tavolo".

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Cosa avete pensato?

"Eravamo convinte che sarebbero riusciti a entrare e che ci avrebbero massacrate. Non c’era niente che potessimo fare se non abbracciarci sotto il tavolo, nascoste nell’oscurità. Abbiamo cominciato a dirci: ‘Ti voglio tanto bene’. Mia figlia mi ha detto: ‘Ti voglio tanto bene mamma e ti ringrazio davvero di tutto quello che hai fatto per me’. Pensavamo che saremmo morte. Ero sicura che l’aspirapolvere e il mattarello non avrebbero retto, invece hanno resistito".

Quanto è durato?

"Dieci minuti di colpi, urla e sparatorie. Poi ci hanno rinunciato e se ne sono andati".

Era finita?

"Neanche per idea. Dopo un’ora sono tornati e hanno cercato di nuovo di sfondare la porta, senza riuscirci".

E poi?

"Poi sono tornati una terza volta. Erano ragazzini, potevano avere 15 o 16 anni. Hanno saccheggiato tutto quello che hanno trovato".

Era davvero finita?

"Da noi non sono più tornati, ma nel kibbutz il massacro è andato avanti tutta la giornata. I soldati dell’esercito sono arrivati verso le 6 di sera e ci hanno liberate. È stato spaventoso".