"Dopo Kabul la Nato è superata. Adesso serve un esercito europeo"

L’ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Camporini: "Ritirata disastrosa, i Paesi Ue dovevano alzare la voce"

Soldati in Afghanistan

Soldati in Afghanistan

"L’Afghanistan segna una cesura con il passato, la Nato non sarà più la stessa. Dovremo assolutamente ridiscuterne gli obiettivi strategici. Soprattutto, come europei, sarebbe l’ora di crescere e assumerci le responsabilità che ci competono riformando e rafforzando le istituzioni politiche a Bruxelles e dotandoci di uno strumento militare che ci consenta di non dipendere più dagli americani. E di intervenire, se necessario, nelle aree di nostro interesse: Mediterraneo, Africa e Medio Oriente". Così il generale Vincenzo Camporini, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e, dal 2008 al 2011, Capo di Stato Maggiore della Difesa, oggi consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.

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Generale Camporini, l’Europa ha subito la scelta Usa di andarsene purchessia e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Possibile fare diversamente?

"Era doveroso. La ritirata americana è stata disastrosa, sia sul piano tattico-militare che politico. Trump e Biden hanno capito che i cittadini Usa erano stanchi e volevano il ritiro a prescindere, per questo hanno negoziato in maniera unilaterale con i talebani l’uscita dall’Afghanistan. I paesi europei sono stai messi di fronte al fatto compiuto, il che è inconcepibile, e non hanno neppure protestato. Di fronte a un’Unione Europea coesa e capace, determinata, gli americani avrebbero fatto lo stesso? Forse no".

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Ma è possibile un rapporto diverso tra Europa e America? Siamo satelliti...

"Invece di essere una serie di satelliti dobbiamo diventare un partner di pari dignità, dotandoci di una capacità militare autonoma. Il che, tra l’altro, non significa farlo contro gli Stati Uniti, dato che loro da anni mostrano la chiara volontà di disimpegnarsi dal Mediterraneo per concentrarsi sull’Indo-Pacifico".

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L’impresa di correre con le proprie gambe sembra non facile per l’Europa. Troppo divisa, persa nelle logiche nazionali.

"Istintivamente si penserebbe: farlo non è possibile. Ma la storia è piena di sorprese. Il disastro afghano potrebbe essere il fattore che consente di fare cose che altrimenti non si riesce a fare. Con una Germania alla disperata ricerca di un successore di Angela Merkel e la Francia con Macron al minimo storico, è l’Italia, con Mario Draghi, che potrebbe fare da fulcro: serve una accordo a tre, Germania-Francia-Italia. Poi, chi ci sta, ci sta. Tra parentesi, lo strumento militare l’Europa l’avrebbe già, ci sono i famosi battlegroup istituiti nel 2005, ma che poi non sono mai stati usati perché è mancata la politica. Adesso, alla luce della lezione afghana, sarebbe l’ora di diventare adulti".

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E la Nato? Dall’esperienza afghana ne esce a pezzi.

"Il concetto strategico della Nato è già in via di revisione. Mi aspetto che chi prepara le bozze tenga conto di quel che è accaduto e ribadisca una serie di concetti strategici essenziali. Ad esempio il cardine della mutua difesa dei paesi membri, sinora intoccabile. Siamo sicuri che la Nato di oggi sarebbe disposta a intervenire se, poniamo, Putin intervenisse in Estonia con il pretesto di tutelare la minoranza russofona? Che garanzie la Nato fornisce oggi ai suoi membri? L’America in primis dovrebbe dirlo senza se e senza ma. E poi, c’è in vista la nomina del nuovo Segretario generale della Nato: gli ultimi due sono stati danese e norvegese e sono stati delle nullità. Ci vuole qualcuno come Solana o lord Robertson che sia in grado di andare a Washington e di battere il pugno sul tavolo, se vogliamo che la Nato sia la Nato di tutti e non solo espressione americana. Serve un Segretario generale forte. E sarebbe l’ora, anche perché è qui che si gioca la partita strategica dei prossimi anni, che fosse di un paese mediterraneo. Anche italiano, teoricamente, ma purtroppo non abbiamo candidati adeguati".

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Sarà comunque una Nato che volerà basso?

"Questa esperienza indurrà molto alla prudenza. Si è visto che progettare un nation building, anche con interventi ventennali, non dà garanzie di successo e poi l’America ha ormai altre priorità. Oltretutto, dopo il tradimento dei curdi e ora quello degli afghani, l’America ha perso credibilità, e con lei la Nato. Questo fallimento peserà grandemente sul futuro dell’Alleanza".

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