Afghanistan, attiviste di Pangea salvate da 'P' sulla mano

La onlus milanese: "Picchiate dai talebani. Vedere le foto con i loro lividi è stato straziante"

La P disegnata sulle mani delle donne della onlus Pangea

La P disegnata sulle mani delle donne della onlus Pangea

Roma, 23 agosto 2021 - Una 'P' sul palmo della mano, la lettera della salvezza. Se la sono disegnata le attiviste di Pangea, assieme ai loro familiari, in tutto 270 persone, per farsi riconoscere dai carabinieri del Tuscania che le hanno accompagnate al gate dell'aeroporto di Kabul da dove sono partite per Roma, lasciandosi indietro la paura dei talebani che le avevano da giorni nel mirino per il loro impegno in Afghanistan da molti anni nella costruzione e nella difesa dei diritti delle donne afghane. "Alcune donne di Pangea sono state picchiate dai talebani. Vedere le foto con i loro lividi è stato straziante", è la denuncia su Instagram della onlus milanese, che ha diffuso le immagini dell'arrivo all'alba delle attiviste e delle loro famiglie a Kabul. Nella foto, postata su Instagram, vengono mostrati lividi su una parte del corpo, accompagnata dalla discalaia: "I bambini hanno assistito a scene di violenza inaudita e sono molto spaventati".

 

Il presidente dell'organizzazione milanese, Luca Lo Presti, ha raccontato l'operazione di salvezza delle attiviste, con scene epiche come quella del giovane console italiano Tommaso Claudi "in piedi sui container" per avvistare uomini e donne da imbarcare. "L'idea di far disegnare una 'P' sul palmo è venuta a me perchè l'aeroporto è diventato un tritacarne, bisognava far in modo che i 'nostri' venissero riconosciuti dai carabinieri guidati dal capitano Alberto Del Basso, che è andato ben oltre il suo dovere, mostrando un grandissimo cuore. Assieme ai carabinieri c'era un ragazzo afghano del nostro team che li aiutava a identificare le persone".

Mentre la situazione sicurezza si aggrava di ora in ora  - oggi un membro delle forze di sicurezza afgane è stato ucciso in una sparatoria -, si è deciso di portare in Italia anche i cari delle attiviste perché "nei giorni scorsi, dopo che abbiamo messo in luoghi protetti le ragazze, i talebani se la sono presa coi loro parenti, portando via fratelli e bambini, oltre a bruciare le case". Come viene raccontato, il contatto con le attiviste è stato continuo, anche nei momenti più complicati: "Un gruppo di 25 donne coi bambini è rimasto chiuso fuori dal gate dalle 3 del mattino fino alle 6 del giorno dopo. Senza cibo né acqua, senza potersi mai sedere, pigiate nella folla, preoccupate per le voci secondo le quali il gate non avrebbe piu' riaperto. Ci sono stati attimi di grande panico".

A quel punto, Luca, la moglie Maria e gli altri di Pangea hanno scelto di sdrammatizzare: "Gli abbiamo promesso che le portiamo al mare perchè qui è ancora estate. Compriamo un bikini a tutte e ci andiamo davvero. Faremo un grande tuffo". Il sogno di Lo Presti deve aspettare, prima bisogna salvare ancora altri collaboratori di Pangea, meno esposti delle attiviste sottratte alla vendetta dei talebani.

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"Le attiviste di Pangea sono state forti e hanno resistito - si legge invece in una storia di Instagram dell'organizzazione -. Hanno combattuto come leonesse per entrare in quell'aeroporto". "Alcune sono già state imbarcate! - conclude il post -. Le abbiamo salvate insieme!". 

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