Lunedì 6 Maggio 2024

Bambino morto nel pozzo in Marocco, un soccorritore di Vermicino: "Ora un robot salvavita"

Lo speleologo: "Andiamo con i rover su Marte ma non abbiamo ancora uno strumento così". Il progetto proposto alla protezione civile, si sta formando il gruppo di lavoro

Roma, 6 febbraio 2022 - Ha seguito con trepidazione le notizie sul piccolo Ryan, precipitato in un pozzo in Marocco, martedì. La morte del bimbo di 5 anni è stata annunciata alle 22 di sabato 5 febbraio con un comunicato ufficiale della Casa reale. Mezz'ora prima, la barella con il piccolo avvolto in una coperta termica era stata portata fuori dal tunnel scavato per raggiungerlo, la parte finale del canyon creato con lo sbancamento della montagna. Sono stati giorni di lavoro senza sosta, davanti a una folla che ha scandito i momenti di speranza e di strazio con grida, applausi e preghiere, con le telecamere di tutto il mondo e dirette no stop. Oggi anche papa Francesco ha ricordato Ryan, ringraziando "tutto un popolo" che ha provato a salvarlo. L'Italia ha rivissuto l'agonia di Alfredino Rampi a Vermicino, dopo 41 anni.

La barella con il piccolo Ryan
La barella con il piccolo Ryan

Bambino nel pozzo in Marocco: Ryan estratto dal tunnel, è morto

Tullio Bernabei, 63 anni, speleologo, era un giovane caposquadra del Soccorso alpino in quei giorni dell'81. Ci provò anche lui a salvare il piccolo di 6 anni che è rimasto nel cuore di tutti. Un evento che gli ha cambiato la vita. Da allora, non ha mai smesso di seguire questi casi, in tutto il mondo. Ha lavorato con la protezione civile e per i 40 anni di Vermicino ha proposto al capo del dipartimento, l'ingegner Fabrizio Curcio, "di studiare un robot per liberare i bambini prigionieri nei pozzi".

Tullio Bernabei, 63 anni, speleologo
Tullio Bernabei, 63 anni, speleologo

A che punto è il progetto? “Ne abbiamo parlato a luglio, Curcio ha dato l'ok. A dicembre c’è stato un incontro formale. Ma il processo è molto burocratico. In queste settimane si sta formando il gruppo di lavoro con ingegneri, vigili del fuoco, esperti di robotica, medici, per arrivare a un prototipo. Di sicuro, la burocrazia rallenta tutto. Immagino che dopo questa morte ci potrà essere un'accelerata, una nuova spinta. Conosco bene la situazione di un pozzo da 25 centimetri. Ho messo la mia esperienza a disposizione. Ho detto, troviamo qualcosa che poi possa essere distribuito a tutti i paesi, una cosa semplice. Senza dover scavare. Perché gli scavi comportano rischi”.

Il piccolo Ryan e l’incubo Alfredino. Disperata corsa contro il tempo

Come immagina il robot? “Ci sono due possibilità. Una è quella di portare in superficie la persona in pericolo, ovviamente questa è la strada più veloce. Oppure possiamo prendere tempo, raggiungere il bambino e attraverso il robot garantire medicamenti e soprattutto calore, che è la cosa più importante in quella situazione di ipotermia. Perché i pozzi hanno la temperatura media del posto in cui si aprono, in quella cavità in Marocco ci saranno stati 10-12 gradi fissi, con il 100% di umidità. È come essere immersi nell’acqua”.

I genitori del piccolo Ryan
I genitori del piccolo Ryan

Morto Angelo Licheri, l'"uomo ragno" di Vermicino che tentò di salvare Alfredino Finora non ci aveva pensato nessuno?

"In India, dove abbiamo notizia di almeno due casi all'anno, le università hanno provato a immaginare prototipi. Senza arrivare mai a un progetto industrializzato, si sono fermate agli studi".

Andando invece nei dettagli?

“Abbiamo rover che possono esplorare la superficie di Marte,  la tecnologia per andare a salvare un bimbo in un pozzo esiste. Penso a delle ogive, calate con un cavo d’acciaio, che si aprono quando raggiungono il bambino e possono dialogare, vedere, illuminare, far passare una sonda sotto. Poi discutiamo sulla parte medica, sulla somministrazione di acqua e calore. Infine sul recupero. Ma intanto prendiamo tempo”.  

Quante sono oggi nel mondo le tragedie come quella di Vermicino?

“Negli ultimi dieci anni, soprattutto in certe zone, ad esempio nella regione indiana, possiamo parlare di due eventi all’anno. O meglio, questi sono i casi documentati, di cui abbiamo conoscenza. Aggiungo: con la desertificazione a cui va incontro il nostro pianeta, lo scavo dei pozzi è sempre più frequente. Quindi chissà in quanti altri posti accadono tragedie simili, senza che noi lo sappiamo. Il pozzo è un elemento di rischio, per un bambino”.   

Ma oggi in Italia come finirebbe a Vermicino?

Pausa di silenzio. “Quello che avverrebbe in esterno, nella macchina dei soccorsi, sarebbe sicuramente molto più organizzato. L'area sarebbe isolata, nessuna folla attorno. Il nostro sistema di protezione civile è tra i più avanzati del mondo. Ma dal punto di vista tecnico, neanche oggi abbiamo il mezzo che ci garantisca di salvare un bambino".