Lunedì 11 Novembre 2024
MICHELE BRAMBILLA
Editoriale e Commento

Gli psicologi aiutino i virologi

Si è parlato molto del gran lavoro che avranno da fare gli psicologi con i giovani quando sarà finito ogni tipo di lockdown e si dovrà rimediare ai danni provocati da un anno senza scuola, senza sport, senza bar, senza stadio, senza amori, senza amici. Ma non si parla mai del gran lavoro che gli psicologi avranno da fare con i virologi quando sarà finita la pandemia e, con essa, l’esposizione mediatica. Come staranno gli habitué delle comparsate tv? Riusciranno a rientrare serenamente nei loro reparti e a rivedere i pazienti? Come staranno senza quelle belle interviste su tutto e il contrario di tutto?

Ieri l’altro, su un grande quotidiano, parlava uno di questi personaggi e nel titolo si assicurava che “le varianti sono un falso problema”. Capito? Per mesi ci hanno detto che erano “il” problema. E invece no, sono un falso problema. Sospiro di sollievo. Ma son bastate ventiquattr’ore. Ieri mattina un altro grande quotidiano ci ha informato che c’è un allarme: contro la variante indiana i vaccini funzionano poco o nulla. Accidenti. Però dopo un attimo Franco Locatelli, che è il presidente del Cts e una delle poche persone serie, ci ha nuovamente rassicurati: dopo l’estate, probabilmente, il Covid non tornerà più.

Ottimo. Ma ecco la ferale notizia, forse la più temuta: ai maschi che hanno avuto il Covid, c’è il rischio che non funzioni più. Lo dice un virologo. Ma subito arriva in soccorso un andrologo che tranquillizza: con il Viagra (è sempre Pfizer che ci salva) si risolve il problema. C’è poco da scherzare. La pandemia è stata una tragedia e l’infodemia ha peggiorato la situazione: confondendo, disorientando, spaventando, terrorizzando. Passata la tempesta, passerà anche la tv dei virologi i quali, dopo qualche mese, cominceranno a non essere più riconosciuti per strada, e sarà allora il momento in cui gli psicologi dovranno farsi carico di una nuova emergenza sociale.

Ma sarebbe sbagliato prendersela con i virologi. La colpa è nostra, di noi giornalisti, che li abbiamo indotti in tentazione (e come diceva Oscar Wilde, l’unico modo per resistere a una tentazione è cedervi). Questo articolo è dunque, soprattutto, un’autodenuncia, e un invito alla magistratura a processarci. I reati non mancano: dal procurato allarme alla diffusione di notizie false e tendenziose, atte – come si diceva una volta – a turbare l’ordine pubblico.