Venerdì 26 Aprile 2024

Giulia e le altre, la nostra iniziativa: oltre le parole, mettiamoci la faccia

Il massacro di Giulia Cecchettin ripropone un copione che conosciamo a memoria e finisce sempre con un femminicidio. Non c'è più niente da commentare, bisogna agire: il 25 novembre anche il nostro giornale organizzerà un momento collettivo per le donne

Agnese Pini

Agnese Pini

Roma, 20 novembre 2023 – Non c’è più niente da commentare, abbiamo finito anche le parole. Si sono esaurite morta dopo morta, oltraggio dopo oltraggio, umiliazione dopo umiliazione. Arrivati al numero 105 - 105 donne uccise in undici mesi - abbiamo consumato le invettive e le recriminazioni, l’indignazione e l’esasperazione e la rabbia.

Ci ho pensato ieri, mentre arrestavano in Germania l’ex fidanzato assassino Filippo Turetta. Ci ho pensato sabato, mentre recuperavano il corpo straziato di Giulia Cecchettin dal lago di Barcis. Ci ho pensato in tutti i giorni precedenti, mentre si cercavano due ragazzi scomparsi e già sapevamo, senza avere il coraggio di dirlo ad alta voce, che Giulia era stata ammazzata. Non era sparita, scappata, fuggita. Giulia era stata ammazzata, in quel copione che conosciamo a memoria: cambia l’arma - un coltello, una pistola, un bastone, un veleno - mai il risultato.

Pensavo a che cosa avrei potuto scrivere ancora su Giulia e su tutte le altre. E su Filippo, il ragazzo assassino e vigliacco, e su tutti gli altri, assassini e vigliacchi. Le parole per me – per tutti noi –  le ha trovate il padre di Giulia, Gino Cecchettin. Le ha trovate la sorella di Giulia, Elena.

"Da questa vicenda – hanno detto – deve nascere qualcosa. Stare qui a piangere non serve a nulla: dobbiamo proteggere le ragazze del presente e del futuro perché Giulia questo avrebbe voluto".

Bisogna agire, non solo parlare. Metterci ciascuno di noi il proprio corpo e la propria voce: la responsabilità personale ha sempre un peso gigantesco nei grandi cambiamenti collettivi. E quello a cui ci troviamo di fronte è il richiamo per un grande cambiamento collettivo. Non basta appellarsi alla legge, alle istituzioni, alla politica: è necessario, certo, ma non basta. E allora anche io, anche noi dobbiamo esserci. Siamo chiamati a dare qualcosa: se ognuno deve fare la sua parte, immagino un momento concreto, insieme. In strada, in piazza. Fuori dai social e fuori dalla pagina di carta di un giornale. Uscire di casa e togliere tempo alla nostra quotidianità per dedicarlo a qualcosa che chiama in causa tutti noi.

Così questo giornale si prende l’impegno di organizzare un momento collettivo per sabato 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Dobbiamo ancora scegliere dove, capire come. Ma non possiamo sottrarci alla necessità di dare corpo alla nostra indignazione, oltre alle parole, agli articoli, ai titoli.

È una goccia nel mare, ma nessuna goccia è inutile. Ci piacerebbe che con noi, nella piazza del 25 novembre, ci fossero i cittadini, le istituzioni, le associazioni, i volontari. Esserci, come ci hanno chiesto Gino ed Elena Cecchettin: per Giulia e per tutte le altre venute prima, e per quelle che non dovranno venire dopo ma che verranno, inevitabilmente, se ognuno di noi non comincerà a fare davvero la sua parte. O almeno a provarci.