Mercoledì 24 Aprile 2024

La moda tracciabile come il food, rivoluzione a New York

La moda tracciabile come il food, rivoluzione a New York

La moda tracciabile come il food, rivoluzione a New York

UN BATTITO D’ALI A NEW YORK può produrre un ciclone globale? Forse sì, almeno nel settore del fashion. La scorsa settimana è stato presentato all’Assemblea dello Stato di New York un disegno di legge con il quale lo Stato mira a obbligare le aziende di moda a tracciare e comunicare il loro impatto ambientale lungo tutta la catena del valore. La norma si applicherebbe alle aziende di moda, indipendentemente dal luogo di origine, che operano a New York e che fatturano più di cento milioni di dollari l’anno: tutti i grandi gruppi del settore (tra i quali ad esempio Inditex, H&M e Shein) rientrerebbero nella previsione normativa.

Se approvato, il Fashion Sustainability and Social Accountability Act rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione nel settore: sarebbe la prima legge del genere al mondo e potrebbe diventare un precedente da seguire per molti altri Paesi del mondo avanzato, a partire dagli Stati membri di un’Unione Europea che si posiziona come front-runner su tutti gli ambiti della sostenibilità. Il Fashion Act impone alle aziende di mappare almeno il 50% della loro catena del valore, dalle materie prime alla logistica, e di misurare per ogni fase l’impatto ambientale in termini di emissioni di carbonio, gestione di sostanze chimiche e acqua, consumo di energia. Inoltre, la legge prevede l’obbligo per le imprese di analizzare e rendere noto quanto cotone o poliestere consumano. Tutte queste informazioni devono essere rese pubblicate e rese fruibili su Internet. È imponente anche l’apparato sanzionatorio messo in campo dal progetto di legge: sono previste sanzioni fino al 2% del fatturato annuo per i trasgressori, che saranno devolute ad un fondo amministrato dal Dipartimento per la conservazione ambientale di New York, e la pubblicazione di una black list annuale delle società che non rispettano la normativa. I promotori del Fashion Act prevedono che entro la primavera la nuova normativa sarà approvata dalle assemblee legislative dello Stato di New York. Se ciò avverrà, da allora le aziende avranno dodici mesi per mappare la sostenibilità della loro intera catena del valore. Il Fashion Act segna una svolta nella legislazione sulla moda sostenibile. Una svolta ampiamente discutibile nel merito e nel metodo, perché pone vincoli ingenti in termini di costi aggiuntivi e di nuovi oneri gestionali e amministrativi a carico delle grandi aziende di fashion, fissando tempi di adeguamento stretti e sanzioni ingenti.

Per non danneggiare il sistema imprenditoriale, sarebbe nettamente preferibile perseguire lo stesso obiettivo ricorrendo non ad obblighi e sanzioni, ma ad incentivi e spinte gentili, come ha deciso di fare ad esempio la Paris Fashion Week (a sinistra un blitz durante una sfilata) a partire dai défilé della stagione primavera-estate 2022. Ma la decisione dello Stato di New York si inserisce all’interno di un trend forte e visibile in direzione dell’equiparazione dei capi di abbigliamento ai cibi: sul mercato si registra un numero crescente di marchi di moda che ha deciso di fornire ai consumatori (mediante le etichette dei prodotti) una serie di informazioni e di dati utili per tracciare l’origine di un potenziale acquisto. Proprio come accade da tempo per le tabelle nutrizionali dei prodotti alimentari. È un trend che potrebbe aiutare a valorizzare e difendere il made in Italy dell’abbigliamento, come già avviene nel settore del food. Di recente, non a caso, il presidente di Ice, Carlo Maria Ferro ha annunciato il prossimo lancio di "un servizio di tracciabilità sull’origine del prodotto con le tecnologie blockchain: un importante tool per difendere il brand, per difendere la qualità e l’origine, ma anche per creare una capacità di marketing della sostenibilità che parte dalla tracciabilità". Facile prevedere, insomma, che la ‘moda tracciabile’ sarà presto realtà.

[email protected] @FFDelzio

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