Roma, 16 settembre 2024 – È ormai sotto gli occhi di tutti che, specie nel dopo pandemia, il mondo globalizzato che conoscevamo stia subendo degli evidenti cambiamenti. I forti contrasti geopolitici, uniti agli strascichi economici negativi causati dal covid hanno infatti innescato un netto cambio di paradigma che, tuttavia, non stravolge del tutto il fenomeno globalistico, ma lo adatta al nuovo contesto. Spesso, non a caso, si sente parlare di slowbalization e newbalization.
Che cosa sono la slowbalization e newbalization
Così come deciso dal Fondo monetario internazionale, che ha coniato il termine, un rallentamento generale della tendenza alla globalizzazione prende il nome di slowbalization. Non si tratta, come intuibile, di una vera e propria deglobalizzazione, ma di un semplice cambio di passo al ribasso, con il rinnovamento che avviene soprattutto attraverso l’uso della tecnologia. In quest’ultimo aspetto, secondo diversi analisti, è più corretto parlare di newbalization.
Al dato pratico, le definizioni in precedenza date indicano un cambio netto delle politiche commerciali delle principali potenze mondiali, dagli Stati Uniti fino alla Cina. Vi è, più nel dettaglio, un maggiore protezionismo, con le catene di approvvigionamento che si accorciano e cercano, ove possibile, di essere quanto più indipendenti dagli scenari che si verificano altrove.
Non scompare la globalizzazione, dunque, ma semplicemente rallenta e attua una maggiore cautela nell’ambito del commercio internazionale che porta a una frenata delle riforme e degli accordi commerciali (slowbalization).
A quanto detto si aggiunge il fenomeno della newbalization. Se da una parte si assiste al rallentamento di esportazioni e importazioni dei prodotti cosiddetti tradizionali, dall’altra si assiste a un incremento dei servizi digitali. Vi è, dunque, una trasformazione della globalizzazione, che non scompare e si adatta al nuovo scenario contraddistinto da un forte trend di natura tecnologica.
L’evoluzione della globalizzazione
Per comprendere al meglio come la globalizzazione sia nata, cresciuta e si stia modificando negli ultimi anni, è necessario analizzarla da un punto di vista storico.
Dal secondo dopoguerra il mondo ha iniziato a essere sempre più interconnesso, con gli ultimi 30 anni che hanno visto l’esplosione del fenomeno. Ad aumentare sono stati i flussi internazionali di merci, servizi e capitali, così come i viaggi aerei (sempre più a buon mercato) e i buoni rapporti commerciali tra Paesi. L’arrivo di internet ha accorciato le distanze geografiche, così come a crescere è stato il ricorso dell'Occidente alla manodopera a basso costo dei Paesi asiatici in via di sviluppo.
Lo scenario descritto ha iniziato ad accusare i primi colpi a partire dalla crisi finanziaria del 2008, con l’aumento del potere d’acquisto nei Paesi emergenti che ha ridotto, sempre di più, l’effetto della manodopera a basso costo. A questo va aggiunto una sempre maggiore presa dei movimenti politici nazionalisti, che spingono alla rilocalizzazione entro i confini dei Paesi, e rapporti sempre più complicati tra Occidente (Stati Uniti) e Oriente (Cina).
L’arrivo della pandemia e il successivo insorgere di conflitti in Europa e Medio Oriente ha ulteriormente fatto capire che la globalizzazione come era stata in precedenza intesa non poteva più avere terreno fertile per l’applicazione. A sostegno di quanto detto si ricordano alcuni passaggi fondamentali della storia recente:
- il lungo lockdown cinese per il covid ha distrutto molte catene di approvvigionamento che contavano sulla sua manodopera; - la guerra in Ucraina e la distruzione dei rapporti con la Russia da parte di buona parte del mondo Occidentale ha creato problemi nelle forniture di gas; - la guerra in Medio Oriente ha reso molto più difficile il viaggio delle merci dall’Occidente all’Oriente e viceversa.