Mercoledì 24 Aprile 2024

Pensioni, riparte il cantiere. Flessibilità per il dopo Quota 100

Primo tavolo ma la trattativa è in salita. I sindacati vogliono uscite anticipate dai 62 anni, i dubbi del governo

Una manifestazione di pensionati in una foto d’archivio

Una manifestazione di pensionati in una foto d’archivio

Parte il nuovo cantiere pensioni, con l’obiettivo preminente di sciogliere il nodo del dopo Quota 100, che termina alla fine dell’anno. Ma si comincia in salita, con i leader di Cgil, Cisl e Uil che tornano a mani vuote dal tavolo al ministero del Lavoro. Nessun segnale significativo pare essere loro giunto dal ministro Andrea Orlando, e non solo. Si intravede anche il rischio che la riforma degli ammortizzatori, per i quali i sindacati chiedono un sistema universale, sia rinviata all’autunno. Tanto che Maurizio Landini minaccia, di fronte allo stallo, una mobilitazione per settembre.

Le posizioni in partenza sul tavolo delle pensioni sono lontanissime: i sindacati spingono per forme di flessibilità a partire dai 62 anni o, in alternativa, con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, mentre il governo punta di fatto ad allargare l’ape social e a introdurre qualche sconto per i lavori gravosi e per le lavoratrici attraverso l’opzione-donna. Con l’aggiunta, semmai, della proroga di due agevolazioni acchiappa-contributi e anni pregressi: da un lato, gli incentivi per coprire "a buon prezzo" periodi passati non coperti da versamenti e da lavoro e, da un altro lato, il maxi sconto per il riscatto della laurea, con il vincolo, in entrambi i casi, che le possibilità valgono per chi ha contributi dal 1995 in avanti.

Al termine del primo confronto di ieri, Orlando è interlocutorio e ricorda che ora toccherà anche agli altri ministeri coinvolti esprimere valutazioni e pareri: "La discussione proseguirà - commenta - mi auguro con un esito positivo". Ma, anche se l’eventuale testo dovrà comunque finire in manovra per diventare operativo, Landini vuole stringere: "Il governo ci dica se si può aprire o no una trattativa sulla nostra piattaforma; è necessario che con il mese di settembre si entri nel merito".

I sindacati ribadiscono i capisaldi della loro piattaforma "Cambiare le pensioni adesso": flessibilità in uscita dopo 62 anni di età, o dopo 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica (bocciata dall’Inps, però, perché troppo costosa, oltre 9 miliardi a fine decennio), tutela delle donne, duramente colpite dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni; tutela dei lavori di cura, di chi svolge lavori usuranti e gravosi; sostegno dei redditi dei pensionati; rilancio della previdenza complementare. Con il corollario della pensione di garanzia per giovani, lavoratori discontinui e con basse retribuzioni: un punto, quest’ultimo, sul quale si sono registrate le più significative aperture del Ministro del Lavoro.

Il capitolo previdenza resta insomma fortemente intrecciato a quello delle politiche del lavoro. A fare da trait d’union tra governo e parti sociali in questa difficile trattativa, il potenziamento del "contratto di espansione": accordo aziendale per mandare in pensione fino a 5 anni prima i lavoratori anziani. Il governo, almeno nella sua versione più tecnica, una volta archiviata Quota 100, intende irrobustire soluzioni collaudate ma non generalizzate: dall’opzione donna (uscita con 35 anni di contribuzione e 58 anni d’età, 59 se autonome) all’Ape sociale (prevista da 63 anni per le categorie che svolgono mansioni faticose), fino ai lavori usuranti veri e propri e ai lavoratori cosiddetti fragili.

Una via, questa della flessibilità soft, che non piace per niente ai sindacati e non va giù alla Lega: da qui la proposta di soluzioni come Quota 102 o come Quota 41, indicate anche dal sottosegretario leghista all’Economia, Claudio Durigon.

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